BERNA -
Il governo Federale elvetico ha proposto una riduzione del tasso minimo d’interesse fino al 3,25 per cento sui fondi pensione, su pressione degli assicuratori, che in questi ultimi anni hanno realizzato lauti guadagni in borsa senza aumentare le riserve sui fondi. Una proposta che per un lavoratore che oggi ha dai 35 ai 55 anni significa una riduzione della sua futura pensione tra il 10 e il 15%. Per questo la Federazione Svizzera dei Sindacati Cristiani respinge categoricamente la proposta del Consiglio Federale e dà appuntamento ai lavoratori ed alle lavoratrici a Berna il 31 agosto davanti al Palazzo federale per far sentire la voce composta ma ferma del cosiddetto “popolo delle formiche”.
Pubblichiamo una nota di Franco Narducci sull’argomento:
BERNA - Il conflitto sociale tra lavoratori e grandi interessi di privati - alta finanza ed assicurazioni – era intuibile all’indomani dei grandi disastri in borsa di questa estate. I balzi al ribasso registrati negli ultimi tempi in tutte le borse europee, ora si intendono far pesare sul futuro dei lavoratori. Una storia vecchia come il mondo ma che stavolta non ha risparmiato neanche la patria della concertazione, la solida Svizzera.
Nel panorama europeo che si mostra incandescente e che ci promette un autunno caldo dall’Italia alla Germania, su grandi questioni sociali come la stabilità dei posti di lavoro, la pressione fiscale, il costo della vita, si inserisce la vicenda della riduzione dei tassi d’interesse minimo sul secondo pilastro, fortemente voluta dalle assicurazioni in Svizzera, ed ora proposta dal Consiglio Federale elvetico. Una iattura per i lavoratori, un duro colpo alla concertazione che proprio in Svizzera aveva rappresentato il fiore all’occhiello di un sistema economico da imitare. Si tratta in sostanza dei fondi che i lavoratori accantonano per la loro pensione, quindi di fondi gestiti dalle Casse pensioni e dagli assicuratori, per i quali è previsto un tasso di interesse minimo del 4% annuo.
Ovvero i lavoratori sanno che i loro fondi versati nel secondo pilastro garantiranno loro un rendimento minimo stabilito per legge dal Governo centrale. Ora, su pressione degli assicuratori, che in questi ultimi anni hanno realizzato lauti guadagni in borsa senza aumentare in questo modo le riserve sui fondi, il governo Federale elvetico ha proposto una riduzione del tasso minimo d’interesse fino al 3,25 per cento. Una proposta che per un lavoratore che oggi ha dai 35 ai 55 anni significa una riduzione della sua futura pensione tra il 10 e il 15%.
La decisione appare iniqua ed arrogante soprattutto poiché giunge in seguito alle forti pressioni esercitate dagli assicuratori sotto l’azione delle sconvolgenti fluttuazioni in borsa, e senza che siano stati mostrati ai rappresentanti dei lavoratori i dati sulle riserve allocate dalle Casse pensioni, o sia stata fatta chiarezza su quanto è avvenuto negli ultimi quindici anni, quando la borsa volava in alto e le compagnie assicuratrici realizzavano guadagni miliardari (in Franchi svizzeri).
Uno stile che mette a dura prova i valori della trasparenza che sono alla base della concertazione. Si mina il senso stesso del secondo pilastro, creato per assicurare ai lavoratori stabilità e fiducia nel loro futuro di pensionati. Un po’ come la metafora della formica e della cicala. Le cicale dell’alta finanza dopo anni d’intensi guadagni che non hanno prodotto aumenti nel tasso minimo fissato al 4%, oggi chiedono al popolo delle formiche, ai lavoratori, di sopportare i costi dei crolli in borsa, che investimenti oculati e politiche strategiche adeguate avrebbero potuto rendere ininfluenti. Un ragionamento inaccettabile soprattutto poiché si chiede al Consiglio Federale di agire d’imperio senza un’analisi approfondita dell’intera materia. Per questo la Federazione Svizzera dei Sindacati Cristiani respinge categoricamente la proposta del Consiglio Federale e dà appuntamento ai lavoratori ed alle lavoratrici a Berna il 31 agosto davanti al Palazzo federale per far sentire la voce composta ma ferma del popolo delle formiche.