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04 lug 2005LIVE 8: UN CONCERTO PARTICOLARE ++di Franco Santellocco++

ALGERI - (Italia Estera) - Si è concluso da poche ore il “Live 8”: il grande concerto che, svoltosi contemporaneamente in 10 diverse città del mondo, aspira a diventare un mezzo di pressione della società civile sui Grandi del G8 che, tra pochi giorni, si riuniranno in Scozia.
L’intento è nobile: chiedere l’aumento immediato, da parte dei Paesi Occidentali, degli aiuti diretti a quei troppi Paesi del Terzo mondo che ancora oggi rischiano l’estinzione per fame, miseria, malattie di ogni genere.
Le premesse cominciano ad essere, dopo anni di immobilismo, promettenti: nel corso dell’ultimo summit,  in un sol colpo, è stato cancellato il debito multilaterale verso il Fondo Monetario Internazionale e verso la Banca Mondiale di ben 14 Paesi dell’Africa e di altri 4 dell’America Latina, per un totale di 40 miliardi di dollari.
E’ un inizio che, per quanto importante, dovrà essere al più presto seguito da iniziative che dimostrino, finalmente, una volontà concreta di colmare quella voragine che ci separa dai nostri fratelli più sfortunati, e che nel corso dei decenni è stata lasciata libera di ampliarsi a dismisura, complici indifferenza e cinismo, fino ai limiti della tragedia.
In questo contesto si inserisce il “Live 8”, che pur non essendo un concerto di beneficenza dovrà riuscire nell’intento di sensibilizzare in maniera sempre più ampia e capillare l’opinione pubblica mondiale della necessità assoluta di agire concretamente, e di agire adesso, perché per troppi bambini non c’è un domani.
Soprattutto, bisogna rendersi conto che quanto fatto finora non è che un timido passo su di una strada lunga ed irta di ostacoli, che va percorsa fino in fondo prima che sia troppo tardi.
Il programma di cancellazione del debito pubblico dovrà andare avanti, e rispettare la scadenza di quest’anno per l’estensione del beneficio ad altri 20 Stati tra i più poveri, per un totale di 55 miliardi di debiti azzerati.
Gli obiettivi del Millenium Development Goal dell’ONU, che tutti i Paesi del G-8 si sono impegnati ad onorare,  sono ancora troppo lontani, e la scadenza prevista del 2015 più vicina di quanto non possa apparire.
L’aumento degli aiuti diretti, se ci sarà la volontà politica di attuarli senza ulteriori tentennamenti, potrà significare 100 miliardi di dollari in aiuti allo sviluppo entro il 2010, creazione di condizioni più eque nel commercio internazionale affinché i Paesi poveri possano crescere con le loro forze, senza contare il condono dei debiti che riguarda potenzialmente 66 Paesi.
In quest’ottica, anche un semplice concerto, come in fondo è il “Live 8”, può diventare un elemento importante nella lotta contro l’indifferenza, che continua ad essere il più mortale nemico dell’Africa. Ma tutto va contestualizzato, e guai a dimenticare la visione d’insieme: al di fuori di un’azione ampia e ben strutturata, anche il “Live 8” perderebbe senso, e sarebbe soltanto un’enorme cattedrale nel deserto dell’immobilismo occidentale.
L’intera realtà della cooperazione allo sviluppo è in fermento, e necessita di essere ripensata e riformata senza indugio per non ripetere i drammatici errori del passato, e per impedire che lo sforzo economico finisca disperso tra i mille rivoli della burocrazia.
Bene anche Gianfranco Fini, nella sua veste di Ministro degli Esteri, che ha richiamato l’impegno dell’Italia per una politica più equilibrata, e dunque non sbilanciata verso i Paesi dell’Est Europeo, ma meglio orientata verso il suo sbocco naturale: il bacino del Mediterraneo, e cioè la sponda sud, e cioè l’Africa. Questo ha detto nella relazione d’apertura dei lavori dell’Assemblea Nazionale di AN, che lo vedono rafforzato, in un indirizzo unitario, nella sua leadership.
Dunque iniziamo tutti, ciascuno nel suo piccolo, a lavorare lungo un percorso di cui è ancora presto per vedere la fine all’orizzonte, e come diceva Rudyard Kipling spronando già all’epoca i suoi contemporanei: “Le strade che non percorrerete, i ponti che non traverserete, andate: costruiteli coi vostri vivi, e segnateli coi vostri morti”.
Con la speranza, unica incrollabile compagna di tanti uomini di buona volontà, di poter vedere un giorno un intero, bellissimo Continente risorgere dalle proprie ceneri come un’Araba Fenice.



 
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