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11 lug 2005Da Chavez la promessa del sì all'Ospedale Italiano

CARACAS -(Italia Estera) -  "Senor Presidente, io mangiavo l'arepa quando Lei non era ancora nato". Ci
voleva il coraggio di una siciliana d'assalto per interrompere in questo modo Hugo Chavez, presidente populista del Venezuela, e strappargli il sì ad un progetto in gestazione da quattro anni ormai, quello di un Ospedale Italiano al servizio della nostra comunità, e non solo. Il merito è di
Francesca Rosa Belgiovine Di Girolamo, dal 1949 a Caracas, che ha saputo toccare le corde giuste del numero uno dello Stato venezuelano con quel riferimento al pane di granturco, l'alimento dei poveri, quei poveri che Chavez si è sempre vantato di rappresentare.
Era il 22 giugno scorso: a Palazzo Miraflores, il Quirinale venezuelano, l'udienza alla delegazione della comunità italiana era trasmessa in diretta televisiva su Canale Otto. Erano presenti l'ambasciatore italiano e tutti i vertici della comunità tricolore: dopo cinque interventi introduttivi, Chavez mostra interesse per gli accenni fatti al progetto dell'Ospedale e chiede di saperne di più. E' Rosita Belgiovine a rompere gli indugi, a dimostrarsi più venezuelana del presidente venezuelano ed a esporgli in un appassionato intervento di quasi un quarto d'ora il progetto e le difficoltà buroratiche incontrate che ne hanno reso sin qui impossibile la realizzazione. Chavez si convince, e dà il suo sì, che dovrebbe far cadere tutti gli ostacoli frapposti sinora dall'amministrazione statale.
Ora Rosita Belgiovine ha ottenuto anche l'appoggio italiano al progetto: decisivo un incontro nel bel mezzo dei lavori del recente CGIE con il ministro degli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia ed i suoi collaboratori, presente anche il presidente dell'Associazione Mantovani nel Mondo, Daniele
Marconcini in rappresentanza dell'UNAIE. Proprio il sodalizio dell'emigrazione virgiliana è in prima linea e pEr l'assistenza dei connazionali in Venezuela, con un progetto di censimento degli indigenti di
origine italiana che si avvia proprio in questi giorni.
La struttura sarà aperta sia a italiani che a venezuelani. La sua apertura avverrà a moduli di 20 letti ciascuno. A pieno regime ci saranno 180 posti letto e un reparto dell'ospedale, circa 20 posti letto, verrà destinato alla cura dei bambini colpiti da sindrome di down, particolarmente diffusa nel
Paese e finora priva di cure specifiche. Un contatto diretto sarà creato con un'analoga struttura di Troina.
"Gli ospedali venezuelani sono pochi e male attrezzati", spiega Rosita Belgiovine, "per questo molti emigrati sono disposti a investire in questo progetto. La parte dedicata ai bambini, invece, interessa  in modo particolare il Governo venezuelano cheha deciso di darci un aiuto economico".  In Venezuela la Sanità è sempre stata gestita in modo privato. Quella italiana sarebbe la seconda forma di assistenza di base pubblica. La prima è quella fornita dai circa 18mila medici cubani della missione "Barrio Adentro" (dentro il quartiere) per la cura dei più poveri. Un progetto che è frutto di un accordo tra il leader cubano Fidél Castro e Chavez: medici in cambio di petrolio venezuelano.

Per realizzare l'Ospedale Italiano di Caracas bisognerà però fare i conti con il blocco alla cooperazione italiana, dovuto al fatto che i dati economici classificano il Venezuela fra i paesi ricchi. In realtà la crisi della nostra comunità è fortissima, così Tremaglia ha aperto un tavolo di coordinamento con le Regioni. E proprio dalle Regioni doverbbe venire il contributo decisivo: la Sicilia dovrebbe essere capofila del progetto, cui si spera possano fornire il loro contributo altre amministrazioni regionali, a cominciare da quelle campane,lucane,abruzzesi e lombarde.

Luciano Ghelfi
Associazione dei Mantovani nel Mondo
www.lombardinelmondo.org



 
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