Fondato nel 2000 Direttore Responsabile Giuseppe Maria Pisani                  
HomeArgomentiArchivioNewsletter gratuitaChi siamoI nostri serviziContattiSegnala il sito
 
Cerca nel sito
»www.ItaliaEstera.tv
»Paolo Gentiloni é il Ministro degli Esteri italiano
»Emigrazione: Note storiche per non dimenticare - Quanti sono gli italiani all'estero?
»Direzione Generale per gli Italiani all'Estero
»Rappresentanze Diplomatiche - in aggiornamento
»AIRE Anagrafe degli Italiani all'Estero
»Servizi Consolari per gli italiani all'estero
»Autocertificazione
»Patronati italiani all'estero
»Cittadinanza Italiana all'Estero
»Il voto degli italiani all’estero
»COMITES
»CGIE Consiglio Generale degli Italiani all'Estero
»Assessorati Regionali con Delega all'Emigrazione e all'Immigrazione
»IL PASSAPORTO ELETTRONICO
»Viaggi Usa, comunicare i dati in anticipo - Registrazione anche da turisti italiani
»STAMPA ITALIANA ALL'ESTERO: quanta, dove, quanti fondi, chi li prende
»LA CONVENZIONE ITALIA-STATI UNITI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI FISCALI
»La convenzione Italia-Canada per evitare le doppie imposizioni fiscali
»Ascolta la radio di New York: ICN
RomaneapoliS
www.romaneapolis.tv


Il voto degli Italiani all'Estero

Elezioni Politiche 2008

Elezioni Politiche 2006


Infocity
Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
13 lug 2005PALERMO: DOMANI CITTA' IN FESTA PER LA PATRONA SANTA ROSALIA

PALERMO - (Italia Estera) - Tra le piu' antiche e affascinanti feste popolari del Mediterraneo, il Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo, vedra' anche quest'anno, domani sera, come accade ogni 14 luglio, centinaia di migliaia di spettatori - l'anno scorso furono circa 400 mila - fra cittadini e turisti, riversarsi nel centro storico, trasformato per l'occasione in un immenso palcoscenico. Dove devozione e spettacolo, mistero sacro e sontuosita' barocca si sposano in una lunga notte dal sapore magico, che ha incantato viaggiatori di tutto il mondo. Lo spettacolo raccontera' la terribile epidemia di peste che colpi' Palermo nel 1624, facendo circa 30 mila morti, e la sua liberazione grazie al ''miracolo'' operato da Rosalia, nobile fanciulla normanna eremita vissuta cinque secoli prima, le cui ossa vennero rinvenute sul monte che sovrasta la citta'. E a fare da narratore sara' il grande pittore fiammingo Antoine Van Dyck.
                                                    + + +
"U festinu"
da "Feste patronali di Sicilia"  di Maria Adele Di Leo (Edizioni Newton)
Secondo le notizie d’agiografi locali, Rosalia era la figlia del duca Sinibaldo di Quisquina e delle Rose. Alla morte di Ruggero II, ella chiese e ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul Monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente si trasferii in una grotta sul monte Pellegrino, a Palermo, dove visse fino alla morte avvenuta, secondo la tradizione, il 4 settembre del 1160.L'iconografia popolare rappresenta la santa giovanissima, con una corona di rose bianche sul capo, in contemplazione davanti al Crocefisso che, secondo la sua agiografia, sarebbe lo specchio nel quale la santa vide riflessa l'immagine del Cristo. Altri attributi identificativi sono il teschio, la grotta, il bastone e l'incontro con il cacciatore Vincenzo Bonello. A Palermo, l'antica Ziz (fiore), fondata dai Fenici attorno all’VIII secolo a.C. (chiamata poi Panormus, in altre parole "tutto porto" per la particolare insenatura che consentiva un agevole approdo), di cui la santa è patrona, il suo culto si collega ad un evento particolare occorso alla città in occasione di una pestilenza. Nonostante le intense preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro sante compatrone di allora - santa Cristina, santa Ninfa, sant'Oliva e sant'Agata - non erano riuscite a fermare l'epidemia. Il miracolo fu invece attribuito alle reliquie di santa Rosalia le quali, portate in processione, riuscirono ad impedire l'ulteriore diffondersi del morbo.
 
La leggenda narra che un giorno, sul monte Pellegrino, Rosalia apparve ad un cacciatore smarritosi a causa di un forte temporale. In dialetto palermitano la santa gli avrebbe detto di avvertire il vescovo di Palermo che in una caverna, dove ella era vissuta da eremita, vi erano le sue ossa. Inoltre gli predisse che sarebbe morto di peste. Il cacciatore, un tale Vincenzo Bonello, terrorizzato parlò solo in punto di morte. Il vescovo di allora, cardinale Doria, si recò subito nel luogo indicato dalla santa e, ritrovate le ossa, le mise dentro un sacco. Poi in processione solenne e tra i fiori, candele accese e canti, esse furono portate in città. Il Pitré (Feste patronali, cit., pp. 6-7) descrive così la processione delle reliquie della santa ritrovate il 15 luglio del 1624: "Al loro passaggio il male si alleggeriva, diventava meno intenso, perdeva la sua gravità. Palermo in breve fu libera, ed in attestato di riconoscenza a tanto beneficio si votò a Lei e prese a celebrare in suo onore feste annuali che ricordassero i giorni della liberazione e fossero come il trionfo della Santa protettrice. La grotta del Pellegrino divenne santuario, ove la pietà d'ogni buon devoto si ridusse a venerare la squisita immagine della Patrona".
 
Dal 1624, ogni anno dal 9 al 15 luglio Palermo festeggia la patrona, la santuzza, cosi chiamata affettuosamente dai devoti, con un festino che dura sette giorni, mentre il 4 settembre, dies natali, giorno di nascita della santa, ha luogo il pellegrinaggio alla grotta del monte Pellegrino, dove è stato edificato il santuario, e alla cappella della cattedrale di Palermo, in cui è custodita la statua della santa. La scultura in marmo, realizzata nel 1625 dallo scultore Gregorio Tedeschi, è ricoperta di monili d'oro e pietre preziose, offerte dai fedeli durante il corso dei secoli. Le reliquie sono custodite dentro un'urna d'argento, eseguita nel 1631 dagli argentieri Francesco Ruvolo, Gian Nicola Viviano e Matteo Lo Castro. Un tempo il festino era molto più ricco di manifestazioni rispetto a quello che si tiene ai nostri giorni. Comprendeva, oltre alla sfilata del carro tirato da quaranta muli riccamente bardati (sostituiti successivamente da buoi), fuochi pirotecnici che si tenevano alla marina della città e la processione finale dell'urna con le reliquie. Inoltre si svolgevano una lotteria, denominata la beneficiata, la corsa dei cavalli berberi per le vie della città e la tradizionale novena cantata dai cantastorie. Il Pitré (Feste patronali, cit.) riporta che la beneficiata era una grandiosa lotteria che si allestiva a piazza Marina. I premi consistevano in drappi e pitture su legno, su cui venivano incollate delle monete di argento da 5 e 10 lire, e in tavole su cui erano raffigurate la città di Palermo e santa Rosalia, arricchite anch'esse con molti pezzi d'argento. La vincita di questi premi suscitava una gioia incontenibile tra i devoti e il premio vinto veniva portato in trionfo da due uomini per le vie della città, al suono dei tamburi o con delle fiaccole accese.
 
Nei vicoli popolari gli orvi, i cantastorie, accompagnati dal violino, cantavano la storia della santa in versi siciliani o la novena per la santuzza, eseguita sempre alla stessa ora davanti alle stesse case e per nove giorni di seguito. Dal secondo al quarto giorno del festino aveva luogo la corsa dei cavalli berberi, i cursi che si tenevano al Cassaro, un'antica via della città che veniva transennata da paletti legati tra loro da funi, per evitare che la folla che assisteva alla corsa scendesse dal marciapiede.
 
Il Pitré narra che anticamente i cavalli venivano cavalcati da fantini scelti tra i trovatelli e che solo più tardi si decise di eliminare questa crudele usanza e di far correre gli animali senza cavalieri. Si decise anche di collocare sulla criniera e sulla coda dei cavalli delle palline e dei pungoli, che li eccitassero a correre più velocemente. Allo stalliere al quale era stato affidato il cavallo vincitore della corsa, veniva data in premio un'aquila in legno dorato, su cui erano state incollate delle grosse monete d'argento.
 
Ma l'attrattiva principale del festino era costituita dal carro trionfale, costruito con enormi travi molte settimane prima dell'inizio dei festeggiamenti. La forma del carro era quella di una nave, decorata con pitture che rappresentavano gli episodi più significativi della vita della santa. In cima al carro troneggiava la sacra immagine della patrona, ma a differenza degli altri carri religiosi non ne trasportava né le reliquie né tantomeno il simulacro. Il Pitré (Feste patronali, cit.) descrive così il carro trionfale:
 
"Dal basso all'alto, da tutti i lati, erano rappresentati i più bei tratti della vita della Santa. Qua Rosalia che abbandona la Corte di Sinibaldo suo padre; là l'aspra vita di penitenza che ella mena sul Pellegrino; altrove l'apparizione del demonio tentatore; l'angelo che la rassicura e le addita la croce; e il cacciatore Vincenzo Bonello che s'imbatte nell'angelica figura della Vergine, dalla quale ha rivelato il luogo ove giacciono le ceneri di Lei; ed il rinvenimento di esse alla presenza dell'Arcivescovo e del Senato di Palermo, ed altri fatti particolari della devota leggenda [... proprio in cima del carro, spiccava nella sua sveltezza la figura della Santa, dalle candide vesti, dal capo coronato di rose (Rosalia), dal volto raggiante di bellezza, che torreggiava sopra i più alti fabbricati del Corso; ed aveva intorno, ai piedi, una miriade di angeli sorretti dalle nuvole.
 
Il carro, che in passato veniva costruito ex novo di anno in anno su progetto di architetti e autori diversi, veniva trainato da cinquanta buoi tenuti dai fedeli vestiti di bianco, colore che rappresenta la fede. La pesante mole del carro si muoveva lentamente e, per evitare che le scintille causate dal forte attrito delle ruote contro il pavimento della strada potessero causare un incendio, venivano disposti ai lati del carro degli uomini che provvedevano a bagnasse le ruote ogniqualvolta si muoveva.
 
Dopo il 1858 a Palermo sia per i lavori di livellamento che interessarono la strada del, Cassaro e durarono sei anni, sia per la politica del nuovo governo di allora volta a cancellare forme e usi che potessero in qualche modo ricordare l'antico regime, vi fu l'interruzione della tradizione del carro, ripresa soltanto nel 1896, dopodiché venne sospesa per un paio di decenni. I festeggiamenti erano stati interrotti in due altre occasioni: nel 1837 a causa dell'epidemia di colera e successivamente nel 1848 e 1849, gli anni della rivoluzione antiborbonica. La processione del carro riprese nel 1924 in occasione del terzo centenario del ritrovamento delle reliquie e dopo tale data la tradizione di far girare il carro per le vie della città venne sospesa per molti anni. Oggi il carro si mantiene invariato salvo alcune modifiche e aggiunte secondarie ed è dal 1974 che viene fatto nuovamente girare per la città. Attualmente esso è lungo circa nove metri e largo sei con una altezza, compresa la testa della santuzza, di circa dieci metri. Su di esso trovano posto circa sessanta persone, costituite dagli orchestranti e dal coro, e in cima al carro, viene collocata la statua della santuzza attorniata da nuvole, angeli e putti. Nelle processioni che si svolgevano nel secolo scorso, il carro veniva preceduto da carri minori, detti macchinette, che rappresentavano scene ed opere della vita della santa. Questi carri per la loro piccola mole potevano sfilare inoltrandosi nelle vie interne della città.
 
Con il trascorrere del tempo la profonda devozione della cittadinanza nei confronti della patrona è notevolmente aumentata, come attestano gli innumerevoli ex voto che tappezzano l'ex grotta sul monte Pellegrino o i numerosi pellegrini che nei giorni 3 e 4 settembre affollano il santuario.
 
Santa Rosalia è patrona anche di Santo Stefano Quisquina, paese in provincia di Agrigento. La festa si celebra la prima domenica di giugno e dura cinque giorni, dal sabato al mercoledì. L'origine della celebrazione è strettamente legata all'eremo della Quisquina, dove la santa visse per circa dodici anni e dove ancora oggi si legge la scritta "ego Rosalia Sinibaldi Quisquine, et Rosarum Domini, filia amore D.ni mei Jesu Cristi in hoc antro habitari decrevi" (io Rosalia, figlia di Sinibaldo di Quisquina delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo decisi di abitare in questa grotta).
 
Accanto alla grotta venne costruita una chiesa che fu terminata nel 1630.Il paese, il nucleo del cui centro attuale sorse probabilmente durante il regno di Federico II d'Aragona, ingaggia per tutto il periodo dei festeggiamenti dei tamburini, che sin dalle prime ore del sabato mattina sfilano per tutte le vie del paese. Nel pomeriggio vi è la funzione religiosa del vespro, in onore della patrona. La domenica si svolge la processione del mezzobusto d'argento, contenente le reliquie della santa, che i quisquinesi ottennero nel 1625 dal vescovo di Palermo, cardinale Doria. Il simulacro viene portato a spalla dai devoti che effettuano delle soste, al suono di una campanella, tutte le volte che un fedele fa un'offerta: è la prummisione, secondo un'antica tradizione per la quale i devoti della santa promettono appunto di fare l'offerta durante la processione.
 
Il lunedì pomeriggio sfilano i carretti addobbati, orgoglio dell'artigianato siciliano, e subito dopo segue la cavalcata, costituita da decine di cavalieri in costume che rappresentano i vari ceti sociali. Essi hanno il compito di rendere omaggio ed accompagnare, quale scorta d'onore, il simulacro della santa. I festeggiamenti si concludono con il ritorno del mezzobusto nella chiesa e con gli immancabili fuochi pirotecnici.
 
                                                                                            Maria Adele Di Leo

Di più sul Fistinu di quest’anno

Il Festino di Santa Rosalia, giunto quest’anno alla sua 381a edizione, nella più autentica tradizione palermitana va considerato come un “memoriale”, ossia il ricordo di un evento del passato che si rivive nel presente e ci fa guardare con speranza al futuro.

Voluto dal Cardinale Giannettino Doria, esso ricorda la liberazione della nostra Città dalla peste in seguito al ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino, che segnò una svolta decisiva della nostra storia. 

Perché sia memoriale, è necessario che il Festino ripresenti gli eventi tragici e gioiosi del 1624 con la migliore aderenza possibile, per coglierne i messaggi sempre attuali nell’oggi della nostra storia cittadina.
 
“Solo così anche il Festino diventa un’occasione sempre nuova per conoscere meglio la nostra “Santuzza”  - afferma in una sua dichiarazione il Cardinale Salvatore De Giorgi Arcivescovo di Palermo -  e affidarci alla sua intercessione, perché dalla misericordia di Dio si ottenga la liberazione dalle tante pesti materiali, spirituali, sociali e morali che oggi ci affliggono e che tutti dobbiamo combattere, uniti e solidali, per l’affermazione degli autentici valori umani, quali l’amore, l’altruismo, la solidarietà, la legalità, la concordia e la pace, i soli capaci di rendere più serena la convivenza sociale”
 
Come ogni anno, le celebrazioni in onore di Santa Rosalia, Patrona di Palermo, avranno il loro momento culminante la sera del 14 luglio, nel Festino giunto alla sua 381ª edizione, che ancora una volta sarà la sintesi perfetta ed irripetibile di elementi religiosi e profani.
Una festa che offre il senso più autentico della devozione e dell’affetto che la città nutre per la giovinetta che la salvò nel 1624 dalla terribile epidemia di peste che ne aveva decimato gli abitanti.
Le celebrazioni in onore della Patrona costituiscono un appuntamento irrinunciabile, sia dal punto di vista religioso che da quello ludico, trasformando Palermo in uno straordinario palcoscenico in cui viene messo in scena il ”miracolo” della Santa, ma in cui trova soprattutto spazio la gioia dei palermitani per avere ritrovato la speranza nel futuro e il desiderio di confermare la fiducia nel presente.
Non può spiegarsi diversamente la grandissima partecipazione popolare –che non ha, probabilmente, uguali – che vede lungo le strade e nelle piazze centinaia di migliaia di persone partecipare a questo evento così amato.
Anche quest’anno la scelta fatta è quella di valorizzare i contenuti fortemente religiosi del Festino, ma anche quelli culturali, naturalmente senza mortificarne la sua natura di festa di popolo.
La spettacolarizzazione, il Carro e i fuochi determineranno l’atmosfera di straordinaria suggestione e di commossa condivisione popolare.
Attraverso questi appuntamenti, Palermo esprimerà la sua devozione alla Patrona, dimostrando, in questo modo, anche il proprio inestinguibile affetto nei confronti della fanciulla e l’importanza costituita dall’anniversario del ritrovamento delle reliquie della Santa.
La festa in onore di Santa Rosalia è una straordinaria mescolanza di elementi religiosi e profani, che ha sempre avuto nel rapporto saldo fra la Chiesa e le istituzioni amministrative (dal Senato della città, all’epoca della terribile epidemia, fino alle odierne Municipalità) uno dei suoi capisaldi. E anche quest’anno, nel rapporto fra la Municipalità e la Curia, verrà confermato questo vincolo così saldo.
Insieme a Santa Rosalia uno spazio particolare verrà dato anche alle altre patrone di Palermo, Sant’Oliva, Santa Cristina, Santa Ninfa e Sant’Agata, che simboleggiano i quattro mandamenti e, dunque, il cuore antico della nostra città.
Ma è Palermo tutta che partecipa ai festeggiamenti per la sua patrona. Il 15 luglio è un giorno speciale per i palermitani e quella del 14 è una notte in cui si mescolano elementi di grande suggestione, religiosi e profani, che non hanno mancato di colpire l’immaginazione di quanti si sono trovati, in quei giorni, a visitare Palermo.
E proprio quella del Festino è un’occasione straordinaria per visitare Palermo. L’opulenza dei festeggiamenti e la bellezza della città, che hanno letteralmente abbagliato nei secoli tanti letterati ed artisti, grandi viaggiatori che hanno testimoniato, nei loro scritti, tanta magnificenza, costituiscono certamente una ragione per fare di Palermo la meta principale di una viaggio in Sicilia.
 
Quella del Festino, infatti, è una notte di grandi emozioni, della quale serbare un incancellabile ricordo. Quest’anno la teatralizzazione delle celebrazioni costituisce una grandissima novità, mentre la valorizzazione dell’elemento religioso ne esalta il suo legame con la tradizione. In un perfetto mix di passato e presente, di conservazione e di cambiamento che è il simbolo stesso della nostra città.
 
Al di là dell’enfasi barocca dalla quale è sempre stato accompagnato, il Festino di Santa Rosalia si sottrae a quelle cadute grazie ad una serie di implicazioni che attengono sia alla natura dell’evento che alle caratteristiche della città.
Il Festino è sì una festa di ringraziamento per l’ottenimento di un miracolo, ma è, anche e soprattutto, l’incarnazione di un sentimento e la memoria di una metafora. Quel sentimento che traduceva il desiderio di una città per troppi secoli frustrata e tradita nelle sue aspirazioni e nelle sue ambizioni. Desiderio di una protezione che fosse anche dialogo; desiderio di giustizia che fosse anche comprensione; desiderio di familiarità che fosse anche complicità.
E se Rosalia fu voluta “a furor di popolo” dai poveri e dai diseredati, la sua santificazione venne, probabilmente, “recuperata” dalle gerarchie ecclesiastiche e dal potere temporale intorno ad un disegno strategico che riportò Palermo al suo ruolo di capitale. Rosalia divenne, così, Palermo: cioè, simbolo dell’intera città.
Così il Festino di Santa Rosalia, nel riproporre il sentimento di devozione religiosa e di ringraziamento per un evento del 1624, attinge ad una condizione emotiva dei palermitani che non è mai radicalmente mutata, pronta a riferirsi ad ogni percorso delle sue tribolate vicende storiche e dunque, sostanzialmente, a rinnovarsi.
Questa capacità del Festino di sfuggire alle cadute della ripetitività è, poi, manifesta nella più recente organizzazione artistica della festa, che coltiva l’obiettivo di recuperare anche una memoria colta dell’evento. Accanto ai tradizionali e doverosi spunti di carattere popolare, sono presenti citazioni della cultura palermitana dell’epoca, dalla rappresentazione di alcuni personaggi storici (il grande Van Dick, il viceré Emanuele Filiberto, il cardinale Giannettino Doria) e di una città viva, operosa e multietnica, alla valorizzazione dei luoghi, delle architetture e dell’arte.
 




 
Opzioni


Stampa  Stampa

Invia ad un Amico  Invia ad un Amico


Copyright © Italia Estera 2001- 2014. Tutti i diritti riservati