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02 ago 2005Torchio: in autunno nascerà l'Associazione Cremonesi nel Mondo ++di Luciano Guelfi++

Foto del Presidente Giuseppe Torchio
CREMONA - (Italia Estera) - Sul suo sito personale campeggia una frase di Giuseppe Cappi, "meno politica e più aministrazione", ma in realtà lui è un politico a tutto tondo. Lui è Giuseppe Torchio, 53 anni, presidente dell'Amministrazione provinciale di Cremona, ma già parlamentare DS e oggi esponente di spicco della Margherita lombarda. E indica in Cremona, Milano Roma e Bruxelles i punti di riferimento, le tappe di un percorso amministrativo non ovvio.
Indica così anche una visione internazionale che comprende anche il tema dell'emigrazione. Tanti anche cremonesi, cremaschi e casalaschi che hanno cercato fortuna fuori dall'Italia, compreso il nonno che fu emigrante in Argentina, nelle miniere di Santa Fe. E allora annuncia per l'autunno la
creazione dell'Associazione dei Cremonesi nel Mondo e chiede un impegno sempre maggiore su questo tema alla Regione Lombardia.

- Al pari del resto della Lombardia, anche Cremona e la sua provincia hanno conosciuto nei decenni passati una forte emigrazione verso l'estero. Presidente Torchio, verso quali aree si sono diretti con maggior frequenza i cremonesi con la valigia?
"L’intera provincia di Cremona è stata coinvolta negli ultimi due secoli e, in particolare, nei decenni scorsi, come gran parte della Lombardia, da fenomeni di emigrazione verso Paesi esteri, motivati nella stragrande maggioranza dei casi da necessità economiche impellenti e dalla povertà dell’Italia, specie nel periodo successivo alla guerra.
Solo per fare un esempio cito ciò che riportano le cronache storiche, da cui si apprende che il primo protocollo di Intesa tra l’Italia e la Germania di Hitler venne firmato a Roma il 28 luglio 1937 e riguardava l'invio in Germania di 500 lavoratori agricoli. Questo primo scaglione doveva essere composto da contadini di lingua tedesca, vale a dire lavoratori provenienti dall'Alto Adige. Il secondo protocollo venne firmato, invece, a Berlino il 3 dicembre 1937 tra i rappresentanti delle due nazioni. Nell'anno 1938 la cifra dei lavoratori raggiunse il numero di 10 mila.
A Cremona non mancavano le possibilità di reclutare braccianti tra le file dei disoccupati, infatti, nell'ottobre del 1937 vi erano complessivamente 6 mila disoccupati, in novembre erano saliti a 7100 e in dicembre a 8750.
Questa crisi non esisteva solo nel mondo agricolo ma anche nel settore delle industrie edilizie e stradali. Di fronte a una situazione occupazionale, per molti versi catastrofica, l'aprirsi di una strada verso il lavoro, non poteva che suscitare speranze di soluzione del problema di sopravvivenza per sé e per la famiglia.
Il Commissario per le Migrazioni e la Colonizzazione, informava il capo della Provincia di Cremona che nel suo territorio erano disponibili 600 posti: il 5 febbraio 1938 si metteva al corrente il Prefetto che erano stati inviati alla Questura i primi elenchi di lavoratori che intendevano
emigrare in Germania. L'elenco iniziale comprendeva 782 nominativi, ma, specie nella zona cremasca, altri lavoratori chiedevano di essere iscritti.
In breve tempo erano state presentate 800 domande di arruolamento. Il 31 dicembre del 1938, la "Regia Questura" di Cremona, elaborò una lunga relazione sullo stato della provincia, soprattutto dal punto di vista economico. Questa relazione è utile per capire le richieste che saranno
avanzate nel 1939 per l'emigrazione in Germania. La Questura affermava che la disoccupazione era più concentrata a Cremona con 4000 disoccupati. Una via di uscita da questo stato di disoccupazione potrebbe essere quello dell'impiego di forze lavoratrici altrove e quindi l'invio di un certo numero di disoccupati in Germania. Dato che a Cremona vi era una numerosa richiesta di lavoro in Germania, nel Gennaio 1939 si decise di aumentare di duecento unità il numero degli operai agricoli da inviare in Germania (600 uomini e 200 donne). Oltre ai lavoratori agricoli vennero aggiunti anche lavoratori edili: 75 da Cremona, 15 da Casalmaggiore e 10 da Soncino.
Partiti gli edili, il 25 aprile 1939 fu la volta dei lavoratori agricoli.
In totale, da Cremona, nel 1939 erano partiti per la Germania 969 lavoratori: 799 del settore agricolo e 160 della categoria degli edili. Il 3 maggio 1940 un altro convoglio, partito da Cremona, portò in Germania 600 lavoratori agricoli che raggiunsero Hannover per essere impiegati in quelle campagne. Il totale degli emigranti nel 1940 fu di 901 persone.
Nel 1940 furono richiesti per la prima volta dalla Germania lavoratori di vari settori dell'industria. Da Roma arrivò al Prefetto di Cremona, una lettera la quale richiedeva di mandare una cospicua quantità di lavoratori in Germania. La lettera disponeva che si reclutasse manodopera tra i
manovali edili, manovali per miniere e case, manovali per costruzioni ferroviarie, muratori, carpentieri, fabbri, minatori, muratori di miniera, manovali metallurgici, manovali siderurgici, conduttori di gru e di rimorchi, manovali per industrie chimiche, tornitori, ecc...
Il totale dei lavoratori cremonesi interessato per questo scaglione fu di 637 unità. Nel 1942 la Questura di Cremona denunciava l'esistenza di una preoccupante carenza di manodopera nel settore agricolo causata dalla voglia di emigrazione causata dai bassissimi salari. Intanto la Germania
continuava a chiedere manodopera soprattutto per le miniere. In un primo momento da Cremona non furono in tanti a partire ma successivamente ne partirono un totale di 426 unità.
Purtroppo in Germania non era tutto rose e fiori, infatti, le condizioni di esistenza e la pesantezza del lavoro, provocarono molti atti di ribellione e, di conseguenza, pesanti provvedimenti repressivi contro i lavoratori italiani. Oltre ai soprusi, vi era anche, la brutalità del trattamento ricevuto, l'isolamento dalla popolazione tedesca, l'alloggiamento in baracche che sembravano veri e propri lager, la discriminazione razziale, l'invio al lavoro in zone particolarmente pericolose.
Ma oltre alla Germania, molti nostri connazionali emigrarono anche in Belgio, a seguito degli accordi sottoscritti il 23 giugno del 1946. Gli accordi prevedevano l’impegno italiano a favorire l’emigrazione di 2mila minatori a settimana. Buona parte di loro proveniva dalla Provincia di
Cremona, in particolare dal territorio Casalasco. La zona di Gussola, invece, fu interessata dall’emigrazione verso le miniere della Francia.
Giova ricordare, al riguardo, le centinaia di italiani che morirono, per uno scoppio causato dal "grisù" e dal successivo crollo della miniera di Marcinelle, in Belgio.
Anche il nonno materno, nel primo Novecento, è stato emigrante nelle miniere di Santa Fè in Argentina, insieme a tantissimi altri della nostra zona, per le difficoltà economiche ed occupazionali del nostro territorio".
A questo quadro di emigrazione verso i Paesi dell’Europa, va poi aggiunta la lunga lista di coloro che partirono verso l’America del nord, del sud e  la stessa Australia, in cerca di fortuna, come ampiamente narrato dalle cronache del tempo e da numerose ricerche. Lo stesso quadro esposto presso gli uffici di rappresentanza della Provincia, mostra una moltitudine di emigranti che stanno salendo a bordo di un transatlantico".

- Oggi quali sono i legami fra Cremona e la sua emigrazione?
"Il tema degli italiani nel mondo negli ultimi anni è stato posto all’attenzione del mondo politico, come testimonia la recente costituzione di un ministero proprio a loro dedicato. Questo processo ha attivato una rinnovata sensibilità anche a livello locale. Per quanto concerne la nostra Provincia, si è rinsaldato il rapporto di collaborazione con le numerose associazioni fondate da figli di emigranti o da familiari che sono rientrati in Italia. Grazie al sostegno diretto a queste realtà, possiamo aiutare la creazione di nuovi legami e contatti e rinsaldare quelli già esistenti. Ne abbiamo avuto prova negli anni scorsi, quando l’Argentina venne colpita da una grave crisi economica: grazie alla collaborazione con l’associazione "Ritornare", siamo riusciti ad assicurare un sostegno concreto alle famiglie discendenti da cremonesi e lombardi in quel Paese".

- Che cosa fa l'Amministrazione Provinciale per mantenere vivi i legami fra
Cremona, Crema, il Casalasco e i loro oriundi sparsi per il mondo?

"Proprio in queste settimane, seguendo l’ottimo lavoro svolto dagli amici mantovani, stiamo lavorando ad un ambizioso progetto che ci porterà a costituire, nel prossimo autunno, l’Associazione dei Cremonesi nel mondo.
La Provincia di Cremona sarà il promotore, ma il nostro intento è di coinvolgere le altre realtà istituzionali del territorio. E’ un progetto ancora in fase embrionale, ma che si pone come finalità principale proprio il rinsaldare i legami con i nostri concittadini e loro discendenti che si
trovano in Paesi esteri, non solo per una ragione di tipo sentimentale, ma per attivare tutti quei servizi che possano assicurare ricerche di congiunti, rientri, ottenimenti di permessi e quant’altro. Una trasversalità di richieste caratterizza le comunità dei lombardi della vecchia emigrazione e degli oriundi: tutela della cultura, della lingua, delle tradizioni, riconoscimento di un'identità che si manifesta in una multiappartenenza delle giovani generazioni al Paese di residenza divenuta la patria di accoglienza e contemporaneamente alla Lombardia nella condivisione della "lombardità" che fa fatica ad essere decodificata sulla sponda nazionale e che si esprime in richieste sempre più pressanti per una reale partecipazione alla vita sociale, economica, politica ed istituzionale lombarda. Da alcuni anni, inoltre, stiamo sostenendo l’associazione "Ritornare", che si occupa dei problemi degli italo-argentini e che ha trovato sede presso i nostri uffici di via Dante a Cremona, nonostante gli spazi esigui a nostra disposizione".
Con il presidente Roberto Formigoni, dopo il crollo delle "Twin Towers", ho partecipato ad importanti incontri negli States ed ho incontrato numerosi italiani, lombardi e cremonesi, tra cui Luca Dal Monte, che dirige per l’area del nord America la Ferrari e la Maserati. Ho avvertito il calore della nostra comunità ed il desiderio di un rapporto più intenso.

- C'è ancora oggi qualcuno che parte da Cremona, magari giovani ricercatori che cercano all'estero gli spazi che nelle università nostrane non trovano?
"Le statistiche ci dicono che ogni anno 10.000 lombardi vanno all'estero a  lavorare e vi rimangono per lunghi periodi. Inoltre vi sono i frontalieri, circa 34.000, che ogni giorno si trasferiscono in Svizzera e rientrano.
Questi ultimi provengono principalmente dalle Province di Varese, Como e Sondrio. D’altro canto, la globalizzazione dei mercati interessa in maniera sempre più massiccia anche il settore del lavoro. Oggi la motivazione principale non è più la fame o la necessità di sopravvivenza, ma è la formazione in aziende di altre nazioni, la permanenza all’estero, anche per lunghi periodi, legata alla tipologia del lavoro o dell’impresa stessa, l’internazionalizzazione dei mercati, l’introduzione della moneta unica e l’interazione dei rapporti economici dei Paesi dell’Unione Europea, senza
contare l’eliminazione di ogni difficoltà all’espatrio a seguito degli accordi di Schengen. Ci sono numerosi scambi culturali con le realtà scientifiche europee e del nord America, così come verso i Paesi in via di sviluppo, grazie anche ai 47 progetti di cooperazione internazionale patrocinati dalla Provincia. In un mondo globalizzato, infatti, è importante il forte interscambio legato alla ricerca ed alla sperimentazione, anche con riferimento alla selezione genetica sugli animali. Aree tematiche che interessano e riguardano i giovani ed il mondo universitario in un settore strategico per l’avvenire".
Per quanto concerne, invece, il mondo della ricerca, la Provincia di Cremona non è un’isola felice e, quindi, vive le medesime difficoltà che si registrano nel resto del Paese. Ciononostante, possiamo contare nel nostro territorio su centri di ricerca, specie nell’ambito agricolo, di primaria importanza, basti ricordare, a titolo di esempio, la clonazione del toro Galileo e della puledra Prometea e della stessa clonazione di Varenne, grazie al lavoro dell’equipe del Consorzio di incremento zootecnico di Porcellasco guidata dal ricercatore Cesare Galli: una vicenda di cui hanno diffusamente parlato i media a livello mondiale".

- E c'è invece qualche oriundo che torna, magari dal Sudamerica, o da altre aree?
"Per certi versi possiamo parlare del fenomeno del "ritorno", accentuato tra gli argentini di origine italiana. E' un fenomeno nato con la crisi economico-finanziaria dell'Argentina, a partire dalla fine degli anni Novanta. Anche la provincia di Cremona assiste a questo fenomeno e come Amministrazione lo ha affrontato.
Il fenomeno del "ritorno" riguarda cittadini argentini di origine italiana (che spesso richiedono di acquisire ex novo la nostra cittadinanza), con un medio-alto livello d'istruzione, sovente universitario. In Italia spesso trovano occupazione non adatta al titolo di studio e per questo ci siamo attivati con specifici interventi di formazione-lavoro ad hoc".

- A suo giudizio, è sufficiente il ruolo che sta giocando la Regione Lombardia in materia di lombardi nel mondo, oppure si potrebbe fare di più?

"Le iniziative messe in campo nell’ultimo periodo, tese a favorire i contatti con i Lombardi nel mondo, sono senza dubbio meritevoli e apprezzabili. Sarebbe ancor più apprezzabile se la Regione potesse intervenire concretamente anche per quei nostri concittadini o loro discendenti nati all’estero, che rientrano in Italia. I percorsi formativi, di riqualificazione, di collocamento al lavoro sono privi di ogni tipo di finanziamento: tutto è lasciato al buon cuore e alla buona volontà degli
Enti Locali. Ma tutto ciò, purtroppo, non basta. Le leggi Finanziarie degli ultimi anni pesano fortemente sui bilanci dei Comuni e delle Province, ecco perché è assai difficile riuscire a mettere in campo iniziative mirate. A livello regionale potrebbe essere utile sostenere l’attività di una rete
di collegamento satellitare mediatico, per favorire il contatto e il dialogo con i lombardi nel mondo. Inoltre, un ruolo importante lo possono giocare gli Istituti culturali italiani all’estero: andando a Varsavia per il premio "Marcora" od a Sarajevo per un’iniziativa umanitaria, ho colto l’importanza e la vitalità di queste strutture, senza dubbio da valorizzare e potenziare".

                         Luciano Guelfi, Direttore Editoriale di
www.lombardinelmondo.org



 
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