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18 ago 2005L'EDITORIALE DI NINO RANDAZZO: Le elezioni del 2006 e il voto all’estero: un passo urgente

Editoriale di Nino Randazzo sui quotidiani “Il Globo” di Melbourne e “La Fiamma” di Sydney del 18/8/05

MELBOURNE - (Italia Estera) - Anche dalle sedi dei sei uffici consolari italiani in Australia partiranno fra un paio di settimane migliaia di lettere a connazionali sparsi sull’intero continente nel tentativo di stabilire una volta per tutte il loro “status” di cittadini e di elettori nella circoscrizione Estero. La maggioranza di essi, come spiegato nel servizio qui a fianco, risulta iscritta alle anagrafi consolari, ma non ha ricevuto il certificato elettorale e la scheda per votare per corrispondenza nei referendum del 2003 e di quest’anno e per le elezioni dei Comites del 2004 perché i loro nominativi non fanno parte dell’elenco dei votanti predisposto dal Ministero dell’Interno sulla base dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) dei Comuni di loro ultima residenza. Al contempo c’è anche un gruppo, molto meno numeroso, di iscritti all’AIRE che non trova riscontro nelle più aggiornate anagrafi consolari facendo sorgere dubbi sulla cittadinanza e sull’idoneità al diritto di voto. Ora basta restituire entro la fine di settembre, in busta preaffrancata e debitamente compilato, il questionario che giungerà ai destinatari di questa operazione di “mailing” per mettere le autorità in grado di chiarire le posizioni individuali.
E’ l’ultimo passo da compiere per la creazione di un elenco unico di aventi diritto al voto per corrispondenza, col quale i cittadini all’estero saranno chiamati, intorno al prossimo aprile, ad eleggere i propri rappresentanti nel Parlamento italiano: dodici deputati e sei senatori. Dovrebbero così cessare in massima parte, se non addirittura totalmente, polemiche, incertezze, proteste sulle numerose esclusioni finora lamentate, a torto o a ragione, dagli elenchi elettorali. La mancata compilazione e restituzione del questionario, per disinteresse o ritardo dei singoli destinatari, e il rinvio al mittente (che si prevede notevole) delle buste con lettera e questionario per cambio d’indirizzo o irreperibilità o decesso del destinatario, provocheranno l’automatica eliminazione dall’anagrafe elettorale (salvo più tardi ripescaggi individuali con particolare procedura). Insomma, chi ha oggi i requisiti di cittadino ed elettore italiano all’estero, e s’è visto per qualsiasi motivo privato del diritto di voto per corrispondenza, ha l’occasione di regolarizzare in breve la propria posizione anagrafica.
Detto questo e preso atto della volontà politica del governo di risolvere una situazione di evidente anomalia con un rimedio per anni invocato da maggioranza ed opposizione e dallo stesso CGIE (ne sarebbe potuta andare altrimenti di mezzo forse la stessa validità costituzionale della consultazione popolare del 2006 all’estero), resta qualche appunto da fare, sia all’amministrazione italiana che alle collettività italiane nel mondo. Cominciamo con queste ultime, riconoscendone con franchezza e onestà passate e presenti colpe d’inadempienza a elementari doveri di cittadinanza, quali comunicare al consolato cambi d’indirizzo e/o stato civile, registrare nascite, decessi, trasferimento in altra circoscrizione consolare, verificare al limite la correttezza dei propri dati anagrafici registrati, rispondere sollecitamente ad ogni comunicazione diretta dell’ufficio consolare (come appunto in questo caso di imminente “mailing”), e via di questo passo. Forse non è inutile ripetere che la cittadinanza, anche all’estero, insieme a diritti e sentimenti d’orgoglio e gratificazione per l’attaccamento alla patria d’origine, comporta pure doveri, disponibilità e dimostrazione di sensibilità e responsabilità civica.
Però all’assenteismo e alle inadempienze di una parte dei cittadini all’estero corrispondono anche la penuria, e spesso l’assenza, dei servizi e, di conseguenza, le inadempienze di quegli uffici di rappresentanza i cui poteri e autorità una consueta retorica politica e burocratica non cessa di equiparare a quelli delle amministrazioni comunali in patria. E’ difficile rimproverare la perdita di pazienza e di rispetto per l’autorità e il sentimento di ripulsa e di protesta all’italiano che non ottiene risposta in nessun orario alla chiamata telefonica a un consolato o rimane appeso a una snervante quanto inutile segreteria telefonica bilingue, o al connazionale che deve fare la fila per ore, quando non per giornate, dietro uno sportello, o addirittura – anche se non è il caso dell’Australia bensì dell’Argentina e del Brasile e altri Paesi dell’America Latina – prenotarsi con mesi d’anticipo per presentare una pratica o discutere una situazione di cittadinanza. o un rilascio di passaporto. Perché gli organici delle rappresentanze, insieme ai bilanci, sono stati tagliati all’osso, con criteri economici discriminanti, parametri da parossismo rigoristico.
L’allineamento di quest’ultima trancia di anagrafi divergenti si sarebbe già potuto affrontare da parecchio tempo e completare con ordine, efficienza e calma, invece che con un’estrema procedura d’emergenza a tamburo battente, al costo di 6 milioni di euro (equivalente al costo di circa 250 mila ore lavorative di contrattisti). Ed è ancora da auspicare ardentemente che, con i tempi che corrono in organici ridotti al lumicino, gli uffici consolari in tutto il mondo riescano ad evadere il “mail out” di 2 milioni di articoli postali in tempi sufficientemente anticipati, di almeno quattro settimane, rispetto alla scadenza del 30 settembre per la restituzione dei moduli. Nel deprecato caso contrario il rimedio si rivelerebbe peggiore del male, e la falla di credibilità del sistema si allargherebbe.
Un altro aspetto di questa iniziativa, tardiva ma necessaria, va sottolineato. Ancora una volta, come in preparazione delle prime tre consultazioni elettorali per corrispondenza, la campagna d’informazione istituzionale è pressoché zero ad ogni effetto pratico. Non si può pretendere che una massa di soggetti sparsa su cinque continenti, in differenziatissime realtà ambientali, sociali, organizzative, economiche e geopolitiche, recepisca e assorba nel giro di pochi giorni ragioni, scopi, portata, utilità, urgenza di un’iniziativa a vasto raggio che si prefigge di recuperare in un mese almeno tre anni di ritardi.
Va ribadita in questa occasione la denuncia, fra l’altro da sempre elevata dal CGIE, dell’inaccettabile consuetudine della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie di porre di fronte al fatto compiuto, d’impostare senza consultazione esterna le proprie cosiddette “campagne informative” calandole dall’alto sia sulle collettività all’estero in generale, sia sugli organismi elettivi e istituzionalmente rappresentativi di tali collettività. L’atteggiamento della DGIEPM va modificato, a maggior ragione che mnai prima, in relazione alle elezioni politiche del 2006, per le quali all’estero s’impone un’articolata, capillare e mirata campagna d’informazione istituzionale concordata con chi vive le realtà italiane nel mondo e con chi le rappresenta. La posta, in termini morali oltre che politici, è troppo alta, e in termini temporali troppo vicina, da lasciare il compito promozionale e di approccio alle comunità fuori d’Italia all’ultimo momento e all’esclusiva discrezione di un remoto nucleo burocratico centrale.

                                                                 NINO RANDAZZO



 
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