Editoriale di Nino Randazzo su "Il Globo" di Melbourne e "La Fiamma" di Sydney del 12 settembre 2005
MELBOURNE - (Italia Estera) - La data dell’11 settembre 2001, ancora piaga sanguinante nel cuore degli Stati Uniti e di tutto il mondo democratico, come tutti sanno resterà scolpita a caratteri indelebili nella storia del ventunesimo secolo, venutosi così ad aprire nella maniera più tragica e sconvolgente che si potesse mai immaginare. L’impatto dell’inferno terroristico che in una serena mattinata autunnale ha inghiottito le Torri Gemelle di New York e 2823 vite umane, oltre a colpire a Washington la sede del comando supremo della più grande potenza militare mondiale, riverbera ancora da un capo all’altro del nostro inquieto pianeta, provocando nei popoli liberi reazioni positive e negative a catena. Tra gli effetti positivi, la verifica di una volontà e capacità di tener testa e vincere il terrorismo internazionale, e il più delle volte riuscire a prevenirne con ferme misure legislative e organizzative i disegni e gli attacchi in Occidente. Tra le reazioni negative, la brutta illusione che il fanatismo sanguinario e l’estremismo sconfinato dei fondamentalisti islamici si possa o si debba combattere con altrettanto estremismo intollerante, con appelli a guerre di religione e scontri di civiltà, con il richiamo al nefasto spirito delle medievali crociate, con i nazionalismi esacerbati e le preclusioni alle irresistibili spinte migratorie dell’umanità.
Tanto per fermarci all’esempio, in questa congiuntura, di due nazioni che ci sono più vicine, l’Australia e l’Italia, dobbiamo renderci conto di una comunanza di problemi, di un’analogia di strategie e soluzioni, anche di una certa similarità di successi e di errori in sede di approccio politico, e infine di una similarità di effetti generali: i territori dell’una e dell’altra sono stati finora risparmiati da attentati terroristici, vari centri di eversione scoperti e smantellati, fautori e finanziatori di guerriglia catturati o espulsi, piani di attacchi a obiettivi a rischio bloccati in tempo da servizi d’intelligence perfezionati da questa prova generale del fuoco. Al contempo non mancano allarmismi ed eccessi di zelo che colpiscono, in seno alle società occidentali, la stragrande maggioranza di pacifici e innocenti esponenti della fede islamica.
In Australia il governo Howard ha convocato le rappresentanze dei gruppi musulmani del Paese per stabilire un meccanismo di consultazione in grado sia di confermare le tendenze pacifiche della stragrande maggioranza dei fedeli musulmani nel Paese, e quindi rassicurare l’opinione pubblica suscettibile di sussulti di allarmismo e colpevolizzazione indiscriminata, sia per incoraggiare i musulmani più responsabili e motivati a collaborare nella prevenzione e nella lotta al terrorismo. Tuttavia, talune progettate norme estreme di legge anti-terrorismo, come il controllo satellitare dei movimenti di sospetti tramite braccialetti o chip elettronici, si prestano alle critiche ed al rifiuto di chi vi vede giustamente un’esagerata reazione, una riduzione non necessaria e un attentato alle libertà civili.
In Italia, intanto, insieme alle nuove retate ed espulsioni di estremisti stranieri e reclutatori di manovalanza del terrorismo, il ministro dell’Interno Beppe Pisanu mette in atto la creazione di una Consulta di musulmani rappresentativi, presso il suo dicastero, “per un Islam italiano”. Comprensione e colloquio, oltre che costante vigilanza, si rivelano gli strumenti più efficaci per neutralizzare ogni spinta estremistica e terroristica. Ma si leva all’interno dello stesso governo, la voce del dissenso della Lega Nord che, per bocca in primo luogo del ministro Calderoli, sbraita che “non potrà mai esserci integrazione, è finito il tempo di porgere l’altra guancia, ci vuole la legge del taglione, occhio per occhio dente per dente”.
In Australia, in Europa o negli USA, il momento in cui si mette in difficoltà la libertà di professare la propria fede religiosa e di coltivare la propria identità culturale ai seguaci probabilmente più convinti del loro credo che ci siano al mondo, non si dà il minimo contributo alla lotta al terrorismo, alla tranquillità sociale interna e internazionale. Non si gettano ponti tra i popoli e non si costruisce la pace. E non si garantisce a questo secolo la prevenzione di altre terrificanti esperienze come quelle di New York, di Madrid, di Londra. E si lascia sanguinare ancora più a lungo la ferita dell’11 settembre
NINO RANDAZZO