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07 set 2005Chi dovrebbe occuparsi dell’eredità degli emigrati? ++di Marco Basti++

BUENOS AIRES -7 SET. - (Tribuna Italiana/Italia Estera) - La settimana scorsa parlavamo del determinante contributo dato dall’emigrazione all’Argentina e in modo speciale dalla nostra emigrazione, dai milioni di italiani che qui emigrarono dalla seconda metà del XIX secolo fino alla fine degli anni ‘50 del XX secolo. Parlavamo anche - e si parla spesso - dell’eredità morale, culturale, ma anche materiale, della nostra presenza, delle migliaia di associazioni italiane fondate dalla nostra emigrazione. Sodalizi alcuni dei quali sono già scomparsi, altri   sono in difficoltà per continuare le loro attività, mentre ci son altri che svolgono ancor oggi un’azione efficace sia nella diffusione della cultura italiana, sia come centro di incontro tra connazionali o loro discendenti, sia come valido strumento di collegamento tra i corregionali e le rispettive Regioni italiane di provenienza.
Ma della salvezza del patrimonio materiale e storico chi dovrebbe occuparsi? Chi può salvare un palazzo costruito cento anni fa in una cittadina dell’interno dell’Argentina o anche nel centro di Buenos Aires se le associazioni rischiano di scomparire e quindi, i loro beni materiali possono finire sotto il piccone?
La forza e vitalità del nostro associazionismo, sono basate sostanzialmente su pochi valori comuni e senza precisi impegni di aggregazione in una struttura. Possono pertanto rivelarsi fatali in circostanze in cui, venendosi a trovare in gravi difficoltà che mettono in pericolo la stessa sussistenza, le nostre associazioni se non hanno un santo al quale pregare, nè una struttura alla quale rivolgersi per ottenere aiuti concreti.
Certo, c’è la FEDITALIA e ci sono le federazioni circoscrizionali, regionali e di categoria, alle quali sono affiliate le associazioni. Ma per propria scelta, l’associazionismo si è data, una struttura che ha alla base le associazioni con la massima autonomia, sopra le federazioni che, a esclusione di quelle di carattere regionale che sono interlocutrici delle Regioni, hanno poco peso. Sopra di esse, c’è la Confederazione, la FEDITALIA che è un organo sostanzialmente politico, con una struttura  minima, che sostiene l’azione delle associazioni, promuove il loro rinnovamento, specialmente attraverso i Congressi dei Giovani, come è avvenuto negli ultimi quindici anni. Ma che nei casi di crisi di una associazione, può fare molto poco al di là di avviare una azione di buona volontà. Non ha, in altre parole, il potere di imporre una soluzione. Lo stesso vale per le federazioni.
Da ricordare infine che si tratta di enti di diritto argentino, per cui gli interventi da parte dello Stato italiano, sono limitati, al pari di quelli della FEDITALIA ad azioni di buona volontà. Nemmeno in questo caso le soluzioni possono essere imposte.
Stesso discorso per i Comites, enti di diritto pubblico italiano che operano all’estero. Hanno una autonomia molto limitata, non sono enti di diritto locale (se non come persone giuridiche di carattere privato) per cui l’eventuale loro intervento è solo politico, di auspicio, di ricerca di proposte per risolvere le situazioni, ma non operativo. In altre parole, vale lo stesso discorso che per la FEDITALIA  e per lo Stato italiano o i loro rappresentanti.
L’altra alternativa è lo Stato argentino, nelle sue istanze nazionali, provinciali o municipali. Purtroppo in questo caso bisogna ricordare che, prima di tutto, in genere, manca consapevolezza da parte dei rappresentanti dello Stato argentino del significato, della portata e del patrimonio della presenza italiana in Argentina. Poi ci sono situazioni obiettive di crisi che lo Stato argentino deve affrontare con maggiore urgenza, quindi anche i fondi da destinare alla salvezza del nostro patrimonio potrebbero essere limitati. Infine c’è da ricordare che, purtroppo, si tratta di uno Stato (o di Stati) a dir poco inefficienti, per cui aspettarsi un intervento spontaneo o almeno organico da questa parte oggi è illusorio.
Su questo problema, che non riguarda solo la conservazione degli edifici, ma il ricupero di documenti, di testimonianze, di oggetti, ecc. bisogna che la FEDITALIA, come vertice della struttura associativa, che è in definitiva l’aspetto caratteristico della nostra presenza in Argentina, dia l’avvio a un dibattito che coinvolga tutti questi attori (associazionismo, Comites, Stato italiano, Stato argentino), ma anche istituzioni culturali dei due Paesi.
Troppo difficile?
Certo, ma se siamo d’accordo sul fatto che la nostra presenza in Argentina è un elemento determinante della realtà del Paese, dell’originalità dell’incontro fra due Paesi, ma anche delle prospettive di rapporti più intensi ancora che possono svilupparsi a partire da questa realtà, come non tentare almeno di cercare una soluzione?
MARCO BASTI
 



 
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