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25 set 2005Il Convegno di Friburgo: “Quel che le donne hanno dato”.

Per il 50° degli accordi bilaterali italo-tedeschi sull’arruolamento di mano d’opera nostrana.
FRIBURGO - 25 sett. - Riportiamo l’indirizzo di saluto, che il presidente del COMITES di Friburgo, Giuseppe Maggio, ha rivolto ieri ai promotori della manifestazione “Donne a convegno” ed ai convenuti, organizzata dal locale Consorzio Circoscrizionale in occasione del cinquantesimo anniversario dei trattati italo-tedeschi di Roma, sull’arruolamento di nostri lavoratori, da destinare in Germania. Si tratta della prima di diverse manifestazioni, concordate dal Consolato d’Italia e dal COMITES di Friburgo, che coinvolgeranno alcune Città tedesche e le organizzazioni italiane, operanti nel Sud Ba-den. La prossima avrà luogo a Singen, sabato 8 ottobre 2005, avviata dalla Città, dal Patronato IN-CA-CGIL, di cui è responsabile Vito Giudicepietro, dall’ACREI e dalla locale IG-Metall.
L’intervento di Giuseppe Maggio
Non finiremo mai di ripeterlo, nella certezza di esprimere con le parole un pieno concet-to, un fatto appurato, non la retorica delle frasi adottate per le occasioni ufficiali. Si tratta di una nostra definitiva convinzione, del Comitato, che ho l’onore di presiedere, e mia personale: le donne hanno contribuito in modo decisivo allo sviluppo di questa nuova ondata migrato-ria, di cui oggi celebriamo il cinquantennio. In mancanza, non vi sarebbero stati gli stessi risultati, fin qui conseguiti: e la vostra presenza anche in quest’occasione, qui, a prosegui-mento di partecipazioni continue, susseguitesi nei tanti anni, è testimonianza perentoria di quanto le donne hanno sofferto, lavorato, proposto e compiuto nello spazio della loro com-plessa esistenza nel mondo del lavoro, nelle mansioni squisitamente femminili, nell’impegno civile e sociale, nella lotta per l’emancipazione da soffocanti schemi atavici, nella conquista della “pari opportunità”; un complesso di vittoriose competizioni, che confermano appieno la validità del nostro assunto. Il libro, che oggi vi sarà presentato, è altra illustrazione di quanto con orgoglio andiamo affermando. Non ci fermiamo qui: la donna ha coltivato all’estero un suo intimo spazio, cantando, con gentili accenti, il percorso del nuovo cammino, rendendo familiare quel che era estraneo, entrando in relazione con quel che era remoto. Hanno assolto anche in questo una loro funzione sociale, raccontando agli uomini le loro storie. Ci troviamo al cospetto di un fenomeno, che si chiama: “Donne e poesia”. Oggi si parlerà anche di questo.
All’estero, dunque; ma con il cuore all’Italia, seguendo le lotte civili, a volte veri scontri, che avvenivano nel nostro Paese con le fazioni contrarie al movimento femminile. A questo le donne fuori d’Italia aderirono risolutamente, col dar vita, nelle nazioni d’accoglimento, alle necessarie strutture per un‘attiva condivisione dei principi, diretti al superamento dei tanti ta-bù.
Gli effetti di tale partecipazione sono ben visibili; sono qui presenti, a contestazione delle asserzioni di taluni, interessati ad ampliare l’indifferenza di qualche connazionale per gli av-venimenti, che sfuggono alla sua immediata portata; a presentare come insensibilità la reazio-ne per l’abbandono, da loro spesso subito, da parte dello Stato d’origine.
Non si spiegherebbero, altrimenti, la presenza dell’unico organismo in emigrazione, il Co-mitato degli Italiani all’Estero, eletto direttamente e democraticamente dal corpo elettorale in ciascuna delle circoscrizioni consolari; quella conseguente del Consiglio Generale degli Ita-liani all’Estero; e le fasi alterne ed appassionate delle lotte per il conseguimento del voto in loco - e prendo occasione per ricordare che s’è parlato del voto all’estero ancor prima che fos-se proposto il voto alle donne -; del voto per corrispondenza, senza perdita della facoltà di e-sprimerlo in Italia; del voto attivo e passivo; dell’eleggibilità di dodici rappresentanti dell’emigrazione alla Camera e di sei al Senato, per la “Circoscrizione Estero”, conquista che stiamo in questi giorni difendendo con le unghie e con i denti e che dobbiamo ad ogni costo mantenere, nonostante pericolose manovre traverse; del diritto di votare e di essere votati come cittadini comunitari per le elezioni comunali e provinciali nei Paesi di residenza; dell’ottenimento della cittadinanza tedesca senza perdere quell’italiana, per accennare ad un parziale quadro dei risultati, ottenuti in questo cinquantennio.
Aver conseguito tali successi comprova la capacità del cittadino italiano, emigrato all’estero e proiettato nelle successive generazioni, di occuparsi attivamente delle vicende della sua pa-tria d’origine e del Paese d’adozione, portando una ventata d’aria fresca nell’asfittico modo di proporsi dell’attuale politica italiana, il che non manca di urtare contro interessi precostituiti, egoismi particolari, giochi di potere, alleanze accomunabili e trasversali.
                                                                      * * *
L’emigrazione, purtroppo, non è fatta solo di lotte e conquiste: essa, talvolta, per sciagure ed avvenimenti imprevedibili, gronda sangue; provoca tragedie, produce lutti, strappa lacrime disperate di familiari inconsolabili: genitori, spose, figli. Sono disgrazie e perdite irreparabili, che prendono nome dalle località in cui avvengono: Marcinelle, Mattmark, e chissà quante ancora, ed alcune settimane fa, Londra.
Londra, appunto, scossa dalle esplosioni del recente attacco terroristico, in cui morì, straziata dalle bombe Benedetta Ciaccia, ivi emigrata da un decennio per motivi di lavoro. Non tralascerò l’occasione in questa giornata di “Donne a Convegno”, alla presenza di tutte voi, delle autorità, qui convenute, per ricordare il sacrificio di questa connazionale, massacrata dalle conseguenze di un odio feroce, che colpisce alla cieca e non risparmia nessuno; per denuncia-re Il ricorso a tali carneficine, inconcepibile e da respingere senza appelli. Stragi simili non possono fare onore a quanti, pur consapevoli del sacrificio della propria vita, si uccidono per uccidere, mescolando il proprio sangue a quello delle vittime del loro disumano fanatismo.
Riaffermando, per concludere, il pieno convincimento circa la validità del ruolo della don-na nella moderna società civile e, in particolar modo, nel mondo dell’emigrazione, saluto e ringrazio promotori e convenuti; e, interpretando i sensi del Comitato ed aggiungendo i miei, auguro a questa prima delle manifestazioni, previste in occasione del cinquantenario degli ac-cordi romani, il più lusinghiero dei successi.
                                     
Giuseppe Maggio.



 
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