WASHINGTON, 12 GEN. - (Italia Estera) - Durante la prima intervista post elezione hanno chiesto al neo eletto presidente del Messico Vincente Fox: come parlerà con il presidente Bush?
Lui in un inglese impeccabile ha risposto “at eye level”.
In effetti, il Presidente Fox è forse il primo presidente messicano alto quanto uno Americano, ma credo che, in questo caso, il Presidente Fox si riferisse alla sua statura morale ed alla dignità del suo paese, intendendo che non è intimorito dalla potenza americana e non considera il Messico soggiogato agli USA.
Come ben sappiamo in democrazia esiste il concetto, per usare un espressione americana, del “check and balance”; ossia la divisione dei poteri messa in atto per evitare che un singolo individuo possa manipolare le sorti di un intero Paese. In uno stato democratico il potere è del popolo che lo fa gestire, temporaneamente con un mandato, agli organi dello Stato.
Il rapporto con i dipendenti statali deve quindi essere “at eye level” basato sul mutuo rispetto e la mutua comprensione. In Italia il mantenimento di questo rispetto è affidato ai rappresentanti eletti democraticamente dal popolo e, se gli eletti non soddisfano le attese di coloro che li hanno votati, verranno senz’altro esclusi dalle legislature successive.
All’estero invece la situazione è diversa, ogni ambasciata è gestita come un’antica provincia dell’impero romano (anche da questo deriva il nome di console) e sono i singoli responsabili che dettano norme e consuetudini. Se gestita da un Ambasciatore “illuminato” tutto procede per il meglio e si creano collaborazioni e sinergie che portano a grandi risultati per la comunità. Fortunatamente la maggioranza dei dipendenti del Ministero degli Affari Esteri è preparata, seria e mantiene comportamenti etico-morali irreprensibili. Purtroppo pero’ “una catena è tanto forte quanto l’anello piu’ debole, ed un’organizzazione composta di uomini, come ben sappiamo, non può essere perfetta; pertanto talvolta succede che si verifichino episodi di cattiva gestione e clientelismo.
Oggi l’Italia è una grande nazione democratica che ha cittadini residenti in tutte le parti del mondo che sono aggregati in comunità che raggiungono addirittura le 100.000 unità. Ed allora ci chiediamo: Chi difende i diritti di questi cittadini residenti all’estero?
Il Ministero degli Esteri è troppo lontano e complesso, i parlamentari italiani sono interessati principalmente a rappresentare la propria circoscrizione per occuparsi anche dei loro concittadini “fuori sede”, pertanto non vi è nessuno che possa ovviare alla condizione di dittatorialità che inevitabilmente si viene a creare quando si ha tanto potere e nessun organo che possa garantirne il corretto uso. Quanto segue è una mia personale visione, ci tengo ad evidenziarlo perché il primo degli errori di giudizio nei nostri confronti e proprio quello di considerare gli italiani all’estero una massa omogenea con una unità di pensiero ed azioni.
I residenti all’estero sono diversi per età, provenienza regionale, paese di residenza, pensiero politico e molti non hanno mai vissuto in Italia. Anche noi quindi come in Italia abbiamo bisogno di strutture democraticamente elette per poterci confrontare e arrivare a soluzioni politiche per il bene di tutta la comunità.
Dopo anni di battaglie sono stati istituiti i Com.It.Es. (Comitati degli Italiani residenti all’estero). I membri del Comitato sono democraticamente eletti, dai residenti della circoscrizione consolare, sono quindi l’espressione della volontà del popolo, ed a mio avviso, a questo organismo va garantita la stessa dignità istituzionale di un consiglio comunale, ed i dipendenti dell’Ambasciata in questo contesto potrebbero essere paragonati ai dipendenti comunali. In Italia sarebbe inconcepibile un comune senza un consiglio comunale, un comune in cui il popolo non abbia nessun modo di intervenire sulla gestione se non tramite amicizie e clientelismo, che è un po’ quello che spesso accade all’estero perché i poteri del comitato sono limitatissimi.
Quello che chiediamo non è niente di nuovo o speciale, vogliamo semplicemente essere trattati con la stessa dignità e nello stesso contesto democratico dei residenti in Italia. Perché in fondo indipendentemente dalla nostra residenza siamo tutti uguali nell’essere orgogliosamente italiani.
Valter Della Nebbia, Consigliere CGIE per gli USA
dellanebbia@juno.com