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05 gen 2006E’ donna e gay il nuovo speaker di New York

Il Consiglio Comunale di New York, con 50 voti a zero, ha scelto ieri Christine Quinn
di John Cappelli
NEW YORK, 5 GEN. - (Italia Estera/America Oggi) - Il Consiglio Comunale di New York, con 50 voti a zero, ha scelto ieri per la prima volta nella storia della metropoli una donna come suo speaker: Christine Quinn. E il caso vuole che Christine Quinn sia dichiaratamente lesbica. Nel Consiglio di 51 membri lei rappresenta la sono di Manhattan Sud, e dato che aveva l’appoggio dei democratici del Bronx, del Queens e di Brooklyn, la sua elezione a speaker era assicurata in partenza.
Estremamente benvoluta da tutti, ha detto di lei il consigliere repubblicano James Oddo, di Staten Island: “Ammiro il suo acume politico e la sua immensa sincerità”. La sua elevazione a speaker è stata davvero sancita quando un diretto contendende a quella carica, Bill De Blasio, democratico di Brooklyn, si è tirato indietro dicendo: “Esorto i miei sostenitori a votare per Christine”.
Ma mentre in campo democratico regna questo tipo di armonia, vedremo più sotto quanto invece in quello repubblicano (a livello statale) sia un totale sfacielo. Per via del “term limit”, lo speaker precedente Gifford Miller è uscito di scena, indubbiamente con l’intento di cercare fortuna in altri incarichi politici nel prossimo futuro.
Quella di speaker del Consiglio Comunale è la seconda per importanza nella Grande Mela dopo quella del sindaco, e infatti da li dettò politica municipale per tanti anni Peter Vallone. Christine Quinn è considerata una passionale che in genere si distingue per la foga con cui tratta le quationi che affronta. Un esempio concreto è quello di essersi sollevata per prima nel Consiglio, e con un ardore inusitato, contro il sindaco sulla questione dello stadio dei Jets che lui voleva a tutti i costi erigere nel West Side e la cosa si è conclusa, come è noto, in una bruciante sconfitta per Mike Bloomberg. E ci fu chi indicò osservò che probabilmente l’errore fatale di Bloomberg sia stato proprio quello di voler mettere lo stadio nel distretto di Christine Quinn.
Sul programma che intende portare avanti la nuova speaker del Consiglio Comunale non si è ancora pronunciata con troppa dovizia di dettagli, sorpresa com’è stata anche lei di una vittoria al di sopra delle migliori aspettative che solo New York, si potrebbe dire affettuosamente, poteva darle.
Si sa comunque che lei è schierata senza tentennamenti in favore dei diritti dei dipendenti comunali, in favore dell’incremento delle case popolari, per la difesa di un piano regolatore sugli immobili che favorisca le aree residenziali e non quelle industriali; per difesa assoluta dei diritti civili di tutti i newyorkesi, senza eccezione alcuna.
È anche a favore dell’idea di portare il “term limit” da 8 a 12 anni nel Consiglio Comunale e in quanto al problema della scuola è per l’aumento del bilancio negli stessi termini in cui è dettato dalla Corte d’Appello, vale a dire di precisa condanna della politica seguita per dieci anni dal governatore George Pataki in virtù della quale il milione di alunni di New York City ha avuto pro capite molto meno degli alunni dell’UpState.
La sua carriera politica Christine Quinn l’avviò nell’attivismo per la causa omosessuale. Nel 1991 guidò la campagna elettorale del consigliere Thomas Duane, anche lui gay dichiarato, poi divenuto senatore statale, e la “pasionaria irlandese”, come la chiamano, lo rimpiazzò nel distretto consigliare del Greenwich Village, che è stato il suo trampolino di lancio nell’ascesa al Consiglio Comunale. Coi suoi capelli naturalmente rossicci “alla Maureene Òhara”, Christine Quinn a fatto la sua gavetta come direttrice del “NYC Gay & Lesbian Anti-Violence Project”. Ieri è andata all’ospizio per anziani “Our Lady of Ponpeii” e ha detto ai cronisti: “Come prima cosa, da speaker mi batterò per un 5-year plan di medicina pediatrica preventiva”.
Sul fronte repubblicano, dicevamo prima, c’è il problema che il Gop non riesce a formare un ticket statale per il 2006. L’ultimo ostacolo contro cui è andato a sbattere è quello - formidabile - che l’ex senatore Al D’Amato, ancora una potenza nel partito che a suo tempo avviò George Pataki alla scalata di Albany, ieri ha detto di essere contro la scelta di Bill Weld come candidato al posto di governatore, sebbene Weld sia il beniamino della maggior parte dei leader del partito.
La ragione portata da D’Amato è semplicemente personale. “Fu Weld - ha detto - a far condannare dal Senato di Washington mio fratello Armando”.
Ma evidentemente ha ancora una forza sufficiente per sostenere una tesi del genere. Weld ha risposto con un “Ma che dici, a quel tempo io ero governatore del Massa-chusetts!”, ma non ha potuto evitare lo spettacolo non edificante che in questo modo il suo partito sta dando.



 
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