L’editoriale di Marco Basti su Tribuna Italiana
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BUENOS AIRES 12 LUG.-Tribuna Italiana/Italia Estera -Questa settimana avevamo pensato di dedicare questo fondo, alla relazione programmatica fatta dal Vice ministro agli Esteri Franco Danieli, che ha la delega per gli Italiani nel mondo, sulle quali pensa di svolgere la sua azione alla Farnesina. Nelle nostre intenzioni doveva essere il primo di una serie di articoli dedicati ai vari punti esposti dal sen. Danieli, su come intende affrontare le problematiche degli italiani residenti all’estero il nuovo governo di centro-sinistra. Una relazione nella quale ci sono tante cose condivisibili, dalla presa di atto del fatto che bisogna rivedere la legge sul voto degli italiani all’estero per assicurare una maggiore trasparenza, alla necessità di rendere efficace l’Anagrafe, alle critiche a Rai International. Su altri aspetti bisognerebbe chiarire su cosa si intende dibattere, come per la legge sulla cittadinanza, per la quale potrebbero andar bene le proposte sulle condizioni per riconoscere il diritto, ma non sul principio dello ius sanguinis.
Questa settimana avevamo pensato però, di sottolineare la nostra stranezza per il fatto che nella sua relazione, il Vice ministro non ha speso nemmeno una parola per una questione che interessa la nostra comunità in Argentina forse come a nessun altra comunità italiane tra le tante che ci sono in oltre trenta Paesi del mondo: la questione dell’assistenza ai connazionali bisognosi e più specificamente su come assicurare l’assistenza tramite un assegno di solidarietà, una pensione sociale o con la formula o con gli strumenti che si creda più conveniente.
Un argomento sul quale ci occuperemo la settimana prossima.
Ma in questa occasione non potevamo non parlare del grande successo del calcio italiano ai Mondiali in Germania. Un successo, come hanno sottolineato in genere i commenti, conquistato prima di tutto con grande determinazione, con coraggio, con correttezza e con intelligenza.
Un mondiale, il quarto nel palmares dell’Italia, conquistato subito dopo lo scoppio di “calciopoli” lo scandalo che - secondo le accuse - ha coinvolto Juve, Lazio, Fiorentina e Milan e loro dirigenti in un giro di partite combinate, di risultati sospetti, di campionati dagli esiti poco chiari. Tutte cose per le quali l’Italia è stata condannata senza appello in anticipo - anche se è giusto riconoscere che i primi a condannarla con uno spirito autolesionistico degno di miglior causa sono molti giornalisti italiani - da tanti media di paesi di mezzo mondo, compresa l’Argentina, senza lasciare spazio a dubbi o a difese. Purtroppo in molti Paesi l’Italia continua ad essere mafia, pizza e imbrogli, perché gli stereotipi sono duri a morire.
Stereotipi che gli italiani all’estero in genere siamo riusciti a modificare mettendo sul campo le stesse caratteristiche che hanno portato la Nazionale di Lippi alla vetta del calcio mondiale. Appunto grande determinazione, coraggio, correttezza e intelligenza.
Anche in Argentina Paese accogliente e sempre vicino all’Italia, in alcuni campi, come in quello calcistico, gli stereotipi sono duri a morire, nonostante i legami di sangue che ci uniscono. Legami che tra l’altro hanno consentito a Mauro Camoranesi - un italo-argentino come furono a suo tempo altri azzurri “argentini” come Orsi, Monti, Guaita, Scopelli, Maschio o Angelillo - di essere uno dei 23 protagonisti della conquista del Mondiale del 2006. Per cui, anche per noi, liberati dall’incubo dello scontro fratricida ai mondiali, il successo azzurro ci riempie di gioia, ci fa festeggiare e fa scattare l’orgoglio per l’impresa di questi 23 grandi campioni italiani.
Con essi, ci sentiamo identificati, nonostante le polemiche della vigilia, i processi ancora in atto e i commenti non sempre leali dei media di mezzo mondo. Perché, con lavoro, con determinazione, con grande volontà, senza risparmiarsi, hanno vinto la Coppa dei Campioni. Perché, come ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Berlino, dove ha assistito alla finalissima: “In campo con i colori dell’Italia c’è sempre un rinnovato sentimento patriottico. E ciò ha contato come motivazione per i nostri ragazzi.”
Sarà pure retorica, ma ci identifichiamo con gli azzurri del calcio perché succede a loro proprio ciò che proviamo noi quando vediamo sventolare il Tricolore o quando ascoltiamo “Fratelli d’Italia...”