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21 feb 2007Governo battuto al Senato - Prodi salirà alle 19 al Quirinale

Servizio di Luciano Lombardini
ROMA, 21 FEB –
Il Governo è stato battuto al Senato per due voti: La relazione di D’Alema sulla politica estera ha riscosso 158 voti. Due in meno rispetto al quorum. La mozione di maggioranza ha infatti ottenuto 158 voti a favore e 136 contrari più 24 astenuti, ma la maggioranza prevista era di 160.
Appreso il risultato dell'Aula del Senato, Il Presidente del Consiglio Romano Prodi si é conssultato telefonicamente con il Presidente della Repubblica.
Napolitano ha interrotto la visita a Bologna  e sta facendo ritorno a Roma. Alle 19 Prodi salirà al Quirinale.
 
Appena bocciata la mozione di maggioranza sulla politica estera del governo i senatori della Cdl sono scattati in piedi battendo le mani e gridando 'dimissioni, dimissioni'. I senatori Verdi e quelli del Pdci se la sono presa invece con il loro collega Fernando Rossi che si é astenuto. Gli hanno tirato una rassegna stampa addosso. Nell'aula di Palazzo Madama è scoppiato il caos. Tra i parlamentari del centrosinistra è calato il silenzio e lo stupore, mentre molti esponenti dell'opposizione hanno tirato in aria rassegne stampa e giornali in segno di vittoria. 
Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha lasciato Palazzo Madama dopo una breve riunione con alcuni ministri ed i capigruppo dell'Ulivo di Senato e Camera. Si è portato a Palazzo Chigi dove è in riunione con Prodi, Vannino Chiti e Fassino.
 
Il Presidente della Repubblica è in visita ufficiale a Bologna.
 
Anna Finocchiaro, capogruppo dell'Ulivo al Senato, ha risposto ai giornalisti dopo che la mozione di maggioranza è stata respinta a Palazzo Madama: "Non dubiti il centrodestra che, così come il ministro D'Alema è venuto con rispetto delle istituzioni in Parlamento a chiedere il voto sulle linee di politica estera, con lo stesso attaccamento alle istituzioni andrà ad avvertire con un colloquio immediato il presidente della Repubblica".
 
Un vertice di maggioranza si é svolto nella sala del governo a Palazzo Madama. Poco dopo l'esito del voto in aula, si sono riuniti i ministri D'Alema, Chiti, Fioroni, Turco, il segretario dei Ds Fassino ed i capigruppo dell'Ulivo Finocchiaro e La Torre.
 
"Per la Costituzione, il governo non ha il dovere di dimettersi perché le dimissioni ci sono solo su un voto di fiducia". Lo afferma l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga al termine delle votazioni a Palazzo Madama, dove ha votato contro .
 
il capogruppo di Fi al Senato Renato Schifani, intervenendo in aula dopo il voto che ha visto battuta la mozione della maggioranza per due voti, ha detto:  "Massimo D'Alema aveva detto che senza maggioranza si andava a casa. La maggioranza non c'é più, il governo Prodi è caduto in questa aula. Se ne tenga conto".
 
"Se D'Alema è un uomo d'onore come credo che sia, deve recarsi immediatamente al Quirinale a rassegnare le proprie dimissioni. E dopo di lui anche Prodi perché è chiaro che il paese non può restare senza politica estera". Lo dice il capogruppo al Senato della Lega Roberto Castelli dopo il voto del Senato della politica estera del governo.
 
La bocciatura al Senato della risoluzione sulla politica estera presentata dal centrosinistra è la sconfitta piu' rilevante di quelle subite dal governo in questi mesi, e stavolta lo scoppio della 'mina dissidenti' potrebbe avere effetti deflagranti sulla tenuta dell'esecutivo, che già in due occasioni nell'Aula di Palazzo Madama era stato sconfitto: quando fu bocciato il decreto legge sugli sfratti e quando passò l'ordine del giorno presentato dall'opposizione che approvava le comunicazioni del ministro della Difesa Arturo Parisi sulla questione dell'ampliamento della base di Vicenza.

Da quando Romano Prodi si è insediato a Palazzo Chigi, il 17 maggio scorso, la maggioranza ha subito una serie di battute d'arresto. Concentrate soprattutto a Palazzo Madama. In quasi 9 mesi, il presidente del Consiglio era già 'caduto' due volte, sempre alla Camera alta.

L'ultimo scivolone dell'Unione era comunque arrivato il 7 febbraio scorso a Montecitorio, dove la maggioranza vacillò su un emendamento dell'opposizione, che dimezzò il numero dei componenti della nascitura commissione per la protezione dei diritti umani.

I primi scricchiolii apparvero già il 7 giugno dell'anno scorso, quando la presidenza della commissione Difesa del Senato venne assegnata a Sergio De Gregorio contro ogni pronostico e con i voti determinanti della Cdl. Il 19 settembre successivo si registra un altro stop. Dieci a nove è l'esito della votazione che vede il centrosinistra soccombere in commissione Affari Costituzionali a Palazzo Madama sul parere al decreto per la detraibilità dell'Iva. Sulle pregiudiziali di costituzionalità, i 10 membri dell'opposizione si astengono. La maggioranza vota a favore, ma era rappresentata solo da 9 senatori (causa assenze).

Il 19 ottobre l'esecutivo esprime parere negativo sul dispositivo della risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali, ma la commissione Esteri della Camera vota all'unanimità a favore. La risoluzione, primo firmatario il deputato della Rosa nel pugno, Sergio D'Elia, incassa l'appoggio bibartisan di oltre 20 parlamentari e impegna il governo a dare tempestiva e piena attuazione alla mozione della Camera del 27 luglio scorso, presentando all'Assemblea generale dell'Onu una proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali, in vista dell'abolizione completa della pena di morte e operando in modo da assicurare alla risoluzione la co-sponsorizzazione e il sostegno di Paesi rappresentativi di tutti i continenti.

Il 25 ottobre primo passo falso in Aula per il governo che viene battuto al Senato sul decreto legge sugli sfratti. L'Assemblea approva con 151 sì e 147 no e nessun astenuto una pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'opposizione.

Il 29 novembre si registra, sempre a Palazzo Madama, una bocciatura bipartisan per il decreto Turco sulla droga e passa l'odg teodem Binetti-Baio Dossi. Un ordine del giorno contro il provvedimento firmato dal ministro della Sanità Livia Turco sulla droga viene approvato con i voti dell'Ulivo e della Cdl in commissione Sanità a Palazzo Madama. Il documento, presentato dalle due senatrici della Margherita Paola Binetti ed Emanuela Baio Dossi, da Giuseppe Caforio dell'Idv e da Daniele Bosone del gruppo per le Autonomie, impegna l'esecutivo a ''riesaminare il decreto'', che innalza da 500 mmg a 1000 mmg il quantitativo massimo di principio attivo di cannabis detenibile per uso personale, a ''predisporre azioni finalizzate alla prevenzione delle droghe e affrontare globalmente il problema della detenzione di sostanze stupefacenti''.

E sempre a Palazzo Madama, il primo febbraio scorso, si registra una battuta d'arresto per la maggioranza che può essere considerata il prologo di quanto accaduto oggi. Dopo le comunicazioni del ministro della Difesa Arturo Parisi sulla questione della base di Vicenza, l'Aula approva un ordine del giorno presentato dall'opposizione che approva le comunicazioni del governo con 152 sì contro 146 no e 4 astenuti, assenti 18 parlamentari del centrosinistra, 5 senatori a vita e 6 rappresentanti del centrodestra. Non votano, pur essendo presenti (al Senato il voto di astensione equivale ad un no), in quattro, tutti dell'Unione: Gavino Angius e Massimo Brutti, Ds, Paolo Bodini, Ulivo, e Domenico Fisichella, Margherita.

C'è poi l'annosa questione delle dimissioni respinte più volte dei senatori che rivestono il ruolo di sottosegretari, per consentire ai primi dei non eletti di prendere il loro posto e garantire così la possibilità alla risicata maggioranza di andare avanti. La vicenda dura da circa 7 mesi, precisamente risale al 12 luglio scorso e riguarda 8 parlamentari. Il 7 febbraio scorso l'Aula di palazzo Madama respinge per la terza volta le dimissioni del sottosegretario allo Sviluppo economico Paolo Giaretta e del viceministro agli Esteri Franco Danieli, entrambi dell'Ulivo. Nel primo caso, i voti a favore delle dimissioni sono stati 149 contro 148, ma gli astenuti sono stati 5. Nel secondo, parità tra favorevoli e contrari a 148, ma gli astenuti sono stati 7.
 
 
  
LE DICHIARAZIONI DI VOTO
Non possiamo votare la sua relazione e la replica, anche se riteniamo che in politica estera c'é una continuità, grazie a Dio". Con queste parole il capogruppo di An al Senato, Altero Matteoli, ha annunciato il voto contrario del suo gruppo alla mozione dell'Unione riguardante le comunicazione sulla politica estera da parte del ministro D'Alema. "Lei non è riuscito a dimostrare la discontinuità della sua politica estera da quella precedente, anzi forse una discontinità c'é: perché noi abbiamo mandato i soldati in Iraq a costruire strade, lei li ha mandati in Kosovo a bombardare", ha aggiunto Matteoli. "C'é continuità con una decennale politica filoatlantica nonostante la sua relazione". Rivolgendosi ancora a D'Alema, Matteoli ha quindi invitato il ministro degli Esteri a "dimostrare di avere una maggioranza", e soprattutto dimostrare "quale tipo di maggioranza. Perché - ha concluso - ci sono due tipi di maggioranza, una è la sua e l'altra è quella del ministro della Difesa, Parisi"
 
 
"Leggo con sbalordimento varie dichiarazioni tra virgolette a me attribuite sul quotidiano La Repubblica sotto il titolo 'Rutelli: ma se cade il governo non si torna alle urne subito'". Lo dichiara il Vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli. "In nessuna sede, in nessuna riunione ed in nessuna conversazione privata ho pronunciato le frasi, né espresso i concetti che mi vengono attribuiti", sottolinea Rutelli che conclude: "Credo si stia esagerando con la traduzione di dietrologie in articoli di giornali e con l'attribuzione di pensieri e parole non corrispondenti al vero e che sarebbe sufficiente sempre verificare prima della pubblicazione"
 
 (Luciano Lombardini/Italia Estera) -
 
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