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05 apr 2006VITTIME DIRETTE E COLLATERALI DELLA GUERRA IN IRAQ di Ro Pucci

Necessitano di cure i militari americani e le loro famiglie
HOUSTON, TX 5 apr- (Italia Estera) -  La guerra in Iraq che si protrae oltre il previsto ha causato non solo vittime dirette tra i militari impegnati nelle operazioni ma anche “vittime collaterali” tra i figli ed i familiari che sono rimasti a casa, negli Stati Uniti. Se si dovesse chiedere pero’ ai soldati tornati in America cosa vogliono fare al termine della loro licenza o della loro convalescenza , cosi’ come avveniva con i militari della guerra del Viet Nam, la risposta che si riceverebbe nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe quella che vorrebbero ritornare sul teatro delle operazioni nel piu’ breve tempo possibile.
Persino i giovani ricoverati presso gli ospedali militari vi direbbero, infatti, senza pensarci due volte, che hanno in mente solo di ritornare alla loro unita’ impegnata in Iraq per ritrovarsi accanto ai propri commilitoni. In un certo senso si capisce chiaramente che si sentono vittime di un senso di colpa per il fatto d’avere lasciato nel pericolo i loro  amici mentre essi si trovano al sicuro e circondati da tutte le comodita’ che sognavano quando si trovavano lontani da casa ed esposti senza un attimo di tregua ad ogni tipo di pericolo .
E’ da considerare che tra questi soldati e tra quelli che affermano cio’ ci sono anche i feriti e chi ha avuto la disgrazia di subire gravi menomazioni come la perdita di un arto a causa di uno degli attacchi suicidi o delle esplosioni di veicoli parcheggiati ai lati delle strade percorse dalle truppe che in Iraq costituiscono purtroppo una triste realta’ quotidiana. Il reinserimento nella vita rimane per queste vittime dirette della guerra il vero problema da risolvere e cio’ che viene in mente per chi s’accosta a questi militari ospiti degli ospedali o dei centri di riabilitazione sono i film “storici” su questa problematica dei reduci di guerra come “Nato il 4 di Luglio” che vedeva Tom Cruise nelle vesti affatto abituali dell’anti Top Gun e “Ritornando a casa” con l’attrice iperliberal Jane Fonda, ed in vesti quindi molto piu’ consuete, nei quali s’analizzava la dura realta’ della guerra che continua ancora nel corpo e nella mente di chi l’ha subita piu’ d’ogni altro.
Si finisce per capire che perche’ le ferite si rimarginino, se poi potranno mai rimarginarsi del tutto, occorre del tempo, molto tempo e specialmente l’impiego di notevoli risorse dell’ U.S. Veteran’s Administration,  l’organismo americano che si occupa d’aiutare i veterani nel processo di rientro nella vita senza l’uniforme. Il piu’ delle volte non si tratta solo d’utilizzare con loro quanto di piu’ nuovo e di piu’  avanzato esista in fatto di fisioterapia. Per quelli piu’ colpiti e devastati s’e’ visto, infatti, che tutto non si risolve solo con l’impianto di un braccio o di una gamba artificiale che li aiuti a sentirsi ancora normali ed indipendenti come prima ma che occorre piuttosto rendere possibile il loro inserimento nella vita produttiva del paese, addestrandoli ad un nuovo tipo di mestiere o di professione con corsi formativi efficaci ed adatti alle necessita’ particolari di chi dovra’ poi seguirli. I reduci trovano al loro fianco anche volontari disposti a guidarli in attivita’ hobbistiche d’ogni tipo e nello sport. Partecipando a partite e tornei questi giovani militari cominciano a riacquistare la fiducia in se’ e nelle proprie possibilita’. Da tempo, infatti, lo sport ha avuto per chi lo pratica questa funzione fondamentale che ora torna piu’ utile che mai ad invalidi ed a vittime di terribili amputazioni. Si ha la chiara consapevolezza che chi ritorna a casa, dopo l’esperienza bellica, ha bisogno d’essere guidato ad affrontare un futuro reso ancora piu’ difficile e piu’ incerto e per molti, questo problema del reinserimento, rimane difficile da gestire ed in alcuni casi addirittura insormontabile specialmente se non si dispone di strutture o di gente molto comprensiva al proprio fianco. In ogni caso, c’e’ ancora un altro aspetto non meno importante di questo delle devastazioni psicofisiche prodotte dalla guerra sui militari ed e’ quello dei danni subiti pure dai familiari e dai figli dei militari stessi. Quando il padre o anche la madre parte per un certo periodo di tempo per l’Iraq, e quando questo periodo s’estende per un anno o di piu’, quando questi periodi si susseguono e diventano diversi, come in genere accade ai Marine, a scuola, in chiesa, nelle comunita’ delle basi militari ci si comincia ad accorgere che la guerra finisce per avere pure un notevole impatto ed un effetto stressante anche sui coniugi e sui figli che restano in America. In questi ambienti si cerca allora di prestare piu’ attenzione a chi mostra i segni tipici e sintomatici di questo logorio ed a chi sembra avere problemi e necessita d’affrontarli e di risolverli subito prima che sia troppo tardi.
Tra i centri piu’ impegnati su questo fronte dei “danni collaterali” della guerra che continua in Iraq ci sono specialmente le scuole che si trovano nelle basi militari o nelle aree immediatamente adiacenti a queste come quelle che si trovano attorno alla grandissima base di Fort Hood qui’ nel Texas.
Con i bambini delle elementari e per scopi eminentemente di tipo psicoterapeutico e d’igiene mentale sono stati anche utilizzati gli spettacoli di marionette. Durante queste rappresentazioni vivaci e divertenti molto amate dai piccoli alunni si e’ parlato proprio dei problemi connessi alla missione pericolosa e prolungata dei loro genitori in Iraq. Si e’ cercato di preparare cosi’ i piccoli spettatori alla possibilita’ che il loro papa’ ritorni cambiato dalla guerra e di quello che avverrebbe se ritornasse a casa ferito. Usando questo sistema come alternativa alla solita seduta di psicoterapia si cerca di rassicurare specialmente i bambini che ci sara’ sempre qualcuno pronto ad aiutare loro e le loro famiglie.
Si discute con loro per cercare d’affrontare le paure portandole allo scoperto e prospettando loro le soluzioni rassicuranti di cui si e’ certi che  essi hanno certamente bisogno. Adesso in America e’ piu’ evidente che mai che il totale di duemila vittime tra i militari raggiunto gia’ nell’ottobre dello scorso anno non e’ stato certamente completo proprio a causa di queste numerosissime vittime  nelle famiglie. Cio’ che preoccupa di piu’ gli Americani, che secondo una vecchia tradizione mettono fuori di casa un nastro giallo auspicando il ritorno a casa dei propri cari in guerra, e’ che non lo sara’ ancora per un po’ di tempo.
 
RO PUCCI – HOUSTON, TEXAS/Italia Estera
 
NELLA FOTO: Bandiere , nastri gialli ed un adesivo dedicato ai militari americani di tutte le armi che chiede:PORTATELI A CASA SANI E SALVI.
 



 
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