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19 giu 2001Italia ad alto rischio per i fenomeni di dissesto causati da cavità sotterranee

- ROMA – Sale a 493 il numero dei fenomeni di dissesto sul territorio italiano provocati tutti da cavità sotterranee e che, finora, hanno causato la morte di 46 persone, di 4.000 evacuati, oltre danni per miliardi.
Le regioni più colpite sono la Campania, che conta 163 casi, ed il Lazio, che ne registra 117.
I dati emergono dal censimento, realizzato da Angelo Corazza, del dipartimento
della Protezione civile, per il progetto “Cavità - Analisi del rischio dovuto alla presenza di cavità sotterranee”.
Corazza osserva che i fenomeni riconducibili a cavità di origine antropica sono maggiori rispetto a quelli provocati da cavità di origine naturale (421 casi contro 72). Lo mostrano soprattutto i fenomeni, che si sono verificati nella Campania e nel Lazio, a Napoli e a Roma. In queste due città, dove è considerata massiccia la presenza di reti caveali scavate dall’uomo, spesso trascurata a seguito della successiva urbanizzazione della seconda metà del secolo scorso, e data ancora l’alta concentrazione di elementi vulnerabili, il rischio è molto più frequente.
La causa principale dei dissesti è dovuta all’attività umana di escavazione in sotterraneo. Basti pensare alle aree, da dove in passato sono stati estratti materiali da costruzione, che a Roma, Napoli, in molti centri urbani di Lazio e Campania sono costituiti da tufi litoidi e pozzolane ed in altre parti d’Italia da rocce calcarenitiche, come in Puglia, o da arenarie, come in Emilia Romagna.
Tra le cause naturali dei dissesti ci sono soprattutto i fenomeni di tipo “sinkhole”, gli sprofondamenti che si hanno entro il pacco di terreni di copertura di un substrato roccioso carbonatico. Tra le cause antropiche, a parte le cave, spicca la dismissione delle miniere.
Circa un quarto dei dissesti esaminati ha avuto un impatto diretto sulla popolazione, con morti, feriti ed evacuati.
“Occorrono dunque strategie - ha detto Corazza – per prevedere e prevenire il fenomeno. La previsione deve basarsi su un’efficace analisi del rischio”.
Nel corso della ricerca sono stati individuati altri trecento casi, che al momento non sono stati ancora censiti. Si prevede, dunque, una seconda fase di raccolta dei dati che consentirà di stendere un quadro più completo della situazione a livello nazionale.




 
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