Il documento pubblicato dalla Congregazione per la dottrina della fede afferma che nella ''Chiesa cattolica si trova la Chiesa di Cristo su questa terra'', il cui ''capo visibile è il vescovo di Roma''. Il commento del teologo valdese Paolo Ricca
CITTA’ DEL VATICANO, 11 LUG.(Italia Estera) - La Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato un documento che contiene un messaggio forte con cui si intende rispondere a cinque quesiti che nel tempo sono emersi nel dibattito ecumenico.
Il documento s'intitola: 'Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina cattolica ', ed è accompagnato da un articolo di ulteriore spiegazione sempre curato dall'ex Sant'Uffizio. Il testo è firmato dal Prefetto della Congregazione, il cardinale William Levada, e dal segretario, mons. Angelo Amato e porta la data del 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo, una data, evidentemente, scelta non per caso.
L'unica verità della fede cristiana si trova nella Chiesa cattolica e tuttavia grazie ad alcuni elementi quali la successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia possono essere definite chiese anche quelle orientali, ma non le comunità protestanti nate dalla riforma del XVI secolo. Queste ultime, infatti, non conservano né la successione apostolica, né il sacerdozio ordinato. Allo stesso tempo il testo riafferma l'unicità teologica della Chiesa di Roma e il suo primato nell'universo cristiano.
Il documento è stato approvato dal Papa che ''ne ha ordinato la pubblicazione''; insomma si tratta di una indicazione magisteriale che gode della massima autorevolezza. La procedura è simile a quella seguita dal Papa per il motu proprio sulla liturgia in latino: in quel caso alle nuove regole che liberalizzavano la messa tridentina era stata associata una lettera dello stesso Pontefice indirizzata ai vescovi.
Il documento intende chiarire alcuni aspetti di dibattito teologico che sorgono da una affermazione della 'Lumen gentium', documento del Concilio (si tratta di una costituzione apostolica), nella quale si afferma che ''la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica''. Quel verbo 'sussiste' aveva lasciato intendere, secondo alcune interpretazioni, che vi fosse spazio anche per altre chiese cristiane, un'ipotesi che il testo odierno nettamente respinge. Inoltre il documento chiarisce un altro punto fondamentale relativo al Concilio Vaticano II: e cioè che la grande assise della Chiesa convocata a Roma da Giovanni XXIII non voleva ''cambiare la dottrina cattolica ma soltanto approfondirla''. Anche in questo caso una indicazione in linea con quanto affermato dal Papa in merito alla messa di San Pio V: nessuna rottura liturgica è stata introdotta dal Concilio rispetto alle esperienze passate, ma solo un aggiornamento dovuto ai tempi.
Il commento del teologo valdese Paolo Ricca: "Questa idea monopolistica del cristianesimo disturba ed è difficile da digerire. E' un duro attacco all'identità altrui, anzi una vera e propria negazione". Ricca denuncia anche un trattamento "da serie C" per i credenti protestanti in questo documento che concepisce la chiesa cattolica come l'unica chiesa di Cristo. "La mia reazione è piuttosto negativa - spiega Ricca - perché il documento, affermando che la chiesa di Cristo esiste esclusivamente nella chiesa cattolica, chiude definitivamente quelle porte che il Concilio Vaticano II sembrava aver aperto quando diceva che la Chiesa di Cristo 'sussiste' in quella cattolica e non più è ''quella cattolica". "Una distinzione introdotta, quella tra 'subsistit' e 'est' - continua il teologo protestante - che molti interpretarono come un segnale di apertura verso le altre chiese, non escludendo che Cristo potesse sussistere anche in altre comunità cristiane. Ora, con questo documento, si azzerano anni di storia ecumenica e si torna alla situazione pre-conciliare". Non conforta Ricca neanche il passo del documento in cui si riconoscono comunque alle altre comunità cristiane, in particolare a quella ortodossa, degli "elementi di salvezza". "Ma l'efficacia salutare di questi elementi - osserva Ricca - é detta tale dal documento perché appartengono alla chiesa cattolica che li diffonde alle altre facendosene tramite. E dunque anche qui si riafferma il monopolio dei cattolici". "La conseguenza - tira le somme Ricca - è che se così stanno le cose l'unità dei cristiani non può che avvenire nella chiesa cattolica romana. Significa riaffermare la dottrina del ritorno all'ovile romano, secondo cui tutte le chiese devono reintegrarsi nella chiesa cattolica così com'é, con questa struttura e con questo Papa. Ma questo - aggiunge - è negare ciò che uno è e negare che noi siamo una chiesa". Dispiace anche ai valdesi la disparità di trattamento espressa dal documento nei confronti degli ortodossi da un lato, considerati comunque una chiesa, e dei protestanti dall'altro, a cui invece questo status non viene riconosciuto. "Ancora una volta - conclude Ricca - il Vaticano ci tratta come credenti di serie C, dopo gli ortodossi di serie B". (Italia Estera).