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20 nov 2007GLI SPECIALI DI ITALIA ESTERA: 20 Novembre, un giorno dedicato alla tutela del bene prezioso dei bambini

di
Maria Laura Platania
 
ROMA, 20 NOV. (Italia Estera) -   La terra è degli uomini, di tutti gli altri animali, delle piante, dei minerali.
Questo in teoria. Ma, in pratica, ci sono uomini più uomini degli altri, animali più animali degli altri, vegetali più vegetali degli altri. Ce l'hanno insegnato, con pazienza certosina e metodo, quelli che hanno parteggiato per la selezione naturale della vita: in più forti, si è osservato pacificamente, vincono e i più deboli cadono nella lotta. Donne e bambini, naturalmente, restano ai blocchi di partenza o perdono dopo poche decine di metri la corsa della vita. Scarti di forza e di ricchezza: i dannati della terra, gli emarginati, gli esclusi, gli sfruttati, gli espropriati, perché il furto comincia molto presto e viola, con prepotente arroganza, la più fragile privatezza dell'essere.
Oggi il mondo s'industria  a creare catene ai piedi dei più deboli, capaci di avviluppare le vittime alle condizioni più degradate della vita, a forme sofisticate o rozze di sfruttamento brutale, all'assoluta mancanza di autonomia. Questa realtà assume aspetti più foschi quando le vittime sono dei fanciulli scaraventati sulla catena di montaggio dell'egoismo altrui, prima ancora che possano fornirsi di un'istruzione di base, prendere consapevolezza  critica delle contraddizioni, avere uno sviluppo fisico completo e armonico. Giovani vite su cui calano gli artigli adunchi e le zanne assetate di sangue di chi ha fame di energie fresche. Giovani vite su cui cala il silenzio complice di  chi sa.
Un dramma quello dei bambini violati nel mondo,  tanto da non  poter dire che essi siano la nostra speranza, che siano il nostro futuro, se neghiamo ad essi il presente
Ai bambini, a tutti i bambini bambini di ogni tempo, senza voce, né volto, senza nome, né storia; bambini di ogni terra: non soggetti, ma oggetti, gregari e non protagonisti; bambini di oggi figli della violenza, spettatori per l'auditel, consumatori del mercato globale; minori anonimi che vivono tra di noi e crescono nella rete delle città: maggioranze che nascono alla guerra del mondo; infanzia che non ha parola, violata dall'obiettivo, spettacolo sul video, adescata in vetrina, plagiata davanti alla TV, violata nella fantasia, privati del sorriso, defraudati del gioco, usati nel lavoro, nell'affetto, nel sesso. ne¬gati alla vita, o prodotti di uteri in affitto, comprati come figli o smontati per il market degli organi, forse amati dal cuore, senza ragione, bambini che vengono dal freddo a dire la paura dell'altro. Bambini sulle spiagge del mondo: tanti come la sabbia a giocare sulle onde del tempo, a formare castelli  di un'ora, a sognare la casa, il gioco, il pane, la pace. I bambini. La vita.
Quella vita che si spia nel dolore delle epigrafi  del cimitero che conserva geloso le memorie delle vittime di Marzabotto. Tra i centonovantaquattro morti c'erano cinquanta bambini: i tedeschi avevano abbassato il tiro per poterli colpire. Oggi noi abbiamo il dovere di abbassare lo sguardo, matterci all'altezza dei bambini. Se un adulto non si piega un bambino non impara a camminare, bisogna sollevarli tra le braccia per far loro sentire affetto e protezione. I bambini sono più vicini alla terra e come la terra sono vulnerabili e fragili, come la terra non ci appartengono, ma sono dati alla nostra custodia. I bambini sono il paradigma del mondo, rappresentano la libertà dei popoli, tra di loro c'è la morte di massa dovuta alla povertà, alla sottoalimentazione, alle malattie. Tredici milioni di bambini ogni anno muoiono per malattie curabili. Un numero impressionante muore per crimini orrendi legalizzati o taciuti: nel corpo di un menimo de rua brasiliano sono state trovate trentotto pallottole, la risposta della società civile alla fame e all'abbandono. I cecchini di Sarajevo sparavano ai bambini finchè ha fatto effetto.  Duecentomila bambini sono morti in Iraq, per l'embargo. Le mine antiuomo uccidono e mutilano i più piccoli e indifesi: sono il grande business dell'Occidente, specie l'Italia, le ditte le vendono a tre dollari e ne pretendono trecento per eliminarle.  In Honduras esistono le "case di ingravidamento" dove donne partoriscono neonati che servono per il bieco commercio degli  organi, comprati dai paesi civili. In Ruanda i bambini sono uccisi prima che diventino futuri nemici e sono costretti, per sopravvivere, a uccidere i loro genitori. Turisti stranieri nel Nordest del Brasile acquistano pacchetti, formula "tutto compreso", di pornotour: nel tutto compreso c'è una notte con una bambina brasiliana. Le leggi dell'Occidente non tutelano a sufficienza i diseredati del mondo. E' nostro dovere garantire ai bambini i loro diritti, senza che li debbano mendicare".
Charles Dickens è il poeta, il quale come nessun altro ha reso immortali la propria gioia e il proprio dolore infantili. Sempre e sempre ancora egli narra di quel fanciullo umiliato, spaurito, trasognato, orfano di padre e di madre; il suo accento patetico commuove fin quasi alle lacrime, la sua voce si fa armoniosa e piena come suono di campane....
Sembra un universo lontano quello che bussa alle porte della nostra indifferenza da un tempo finito. E così non è. Nei tempi da lui magistramente narrati Secondo la legge e la società il bambino era considerato un adulto se aveva più di sette anni e quindi era responsabile delle proprie azioni. Fino al 1780 la punizione per aver commesso un numero superiore ai duecento crimini era la morte per impiccagione e molti bambini furono impiccati per reati banali: in un solo giorno, nel febbraio 1841, il Tribunale di Londra condannò a morte cinque bambini; Fowler e Wolfe di dodici anni per il furto in un’abitazione; Morris, di otto anni, Solomons, di nove e Burrell, di undici, per aver rubato un paio di scarpe.
Il tribunale non soltanto condannava i bambini ma li trasportava anche oltremare se ritenuti colpevoli di crimini molto gravi. Gli estratti del Registro della prigione di Stafford del 1834, e dell’anno successivo, mostrano il tipo di crimine che portava alla deportazione:
William Biglen: di anni 14, per aver rubato un fazzoletto di seta – condannato alla deportazione per sette anni..., Matilda Seymour: di anni 10, per aver rubato uno scialle e una sottana – condannata alla deportazione per sette anni..., Thomas Bell. di anni 11, per aver rubato due fazzoletti di seta – condannato anche lui alla deportazione per sette anni.
 
La deportazione come metodo usato per combattere la delinquenza minorile era stata autorizzata da una legge del 1718. Le prigioni  divennero molto popolate; uomini, donne e bambini erano rinchiusi in luoghi malsani senza strutture sanitarie e si contagiavano a vicenda  sia moralmente che fisicamente.
Molti bambini poveri non solo venivano condannati e imprigionati come gli adulti ma erano anche costretti a lavorare nelle fabbriche tessili sfruttati e maltrattati; la situazione peggiore era vissuta da coloro che nel XIX secolo erano impiegati nelle miniere dello Staffordshire, Lancashire e West Riding e lavoravano duramente per dodici ore al giorno riempiendo i carrelli con il carbone e spingendoli lungo la miniera.
Il primo rapporto della Commissione sull’impiego dei bambini e dei giovani nelle miniere, presentato in Parlamento nel 1842, descrisse quei bambini come esseri totalmente in potere dei loro superiori4. Una bambina di otto anni, Sarah Gooder, descrisse ai commissari la sua giornata nella miniera:
 
Devo lavorare senza luce e ho paura. Vado a lavorare alle quattro e a volte alle tre e mezza del mattino e finisco alle cinque e mezza della sera. Non vado mai a dormire. Qualche volta canto quando c’è luce ma non al buio: non oso in quel caso.
Bambine come questa, che trascinavano i carrelli di carbone nelle miniere, furono descritte dai membri della Commissione sul Lavoro Minorile del 1842. Rivelazioni come questa ebbero come risultato immediato la proibizione del lavoro dei minori di dieci anni nelle miniere. Simili limitazioni sull’impiego dei bambini nei cotonifici erano già state imposte e si estesero successivamente con nuove leggi. Nonostante ciò fu necessario nel 1866 lottare per una ulteriore legge che proteggesse i bambini nelle altre industrie e anche dallo sfruttamento dei genitori. L’indifferenza dei genitori e della società nei confronti dello sfruttamento minorile fu uno degli ostacoli maggiori da superare per chi cercò di affermare il diritto di protezione per i bambini. Tra coloro che lottarono nel XIX secolo per diminuire l’orario di lavoro dei minori all’interno delle fabbriche e delle miniere, Lord Shaftesbury fu il più noto. Prima di lui Jonas Hanway aveva protestato contro l’impiego dei bambini come spazzacamini. Hanway rese noti gli infortuni che capitavano ogni anno ai bambini soffocati dal fumo o feriti alle gambe e alle braccia a causa degli spostamenti lungo i camini. Egli cercò di scuotere la coscienza pubblica raccontando la riluttanza dei bambini ad arrampicarsi nei labirinti pieni di fuliggine, riluttanza che veniva domata dai datori di lavoro accendendo il fuoco sotto di loro e obbligandoli a muoversi per fuggire dalle fiamme. La protesta di Hanway fu solitaria e senza risultato, infatti soltanto cento anni più tardi l’impiego degli spazzacamini fu proibito. Nel 1873 Lord Shaftesbury raccontò la stessa realtà ma con maggiori risultati visto che nel 1875 l’impiego di questi bambini fu proibito dalla legge.
Hanway aveva lottato da solo nel 1773; negli anni successivi le varie Commissioni parlamentari mostrarono il modo terribile in cui venivano trattati gli spazzacamini e di conseguenza molte leggi furono approvate per proteggere questi bambini ma nessun tentativo serio fu compiuto per renderle effettive. Buona parte della compiacenza nei confronti dello sfruttamento dei bambini derivava dalla convinzione che nella società ognuno avesse il suo posto e che dovesse conservarlo. Questa situazione era dovuta anche alla convinzione che i genitori avessero la responsabilità totale sui figli, lo stato riconosceva tale responsabilità ed evitava di intervenire attraverso una legislazione contro lo sfruttamento che avrebbe limitato i diritti dei genitori. Anche gli stessi riformatori, che volevano proteggere i bambini, non avevano intenzione di violare la stabilità familiare; di conseguenza furono pochi coloro che lottarono per un’azione legislativa. Proporre una limitazione dell’autorità dei genitori significava non solo diminuire i diritti dei genitori stabiliti dalla legge ma anche modificare un modello familiare considerato volere di Dio.
All’inizio del XIX secolo iniziarono a manifestarsi i primi segnali di un cambiamento, ad esempio nel 1814 fu introdotta una legge per prevenire il furto dei bambini, ritenendolo un crimine passibile di pena per la prima volta nella legge inglese. In un discorso a favore della legge contro il furto dei bambini, un parlamentare osservò alla Camera dei Comuni nel 1814:
 
E’ sorprendente che questo reato [...] non fosse affatto punito dalla legge esistente, tranne in quei casi in cui la persona che aveva rapito il bambino fosse accusata di voler rubare i suoi vestiti. Era sicuramente una grande colpa delle leggi del Parlamento [...] il fatto che un uomo fosse libero di rubare un bambino senza essere punito mentre non poteva rubare le scarpe di quel bambino senza essere condannato. E [...] il giudice, in casi di questo tipo, se esistevano dubbi sul fatto che la persona volesse semplicemente rubare il bambino, e non i suoi vestiti (cioè il reato considerato maggiore), allora poteva anche decidere di liberarla.
 
 
I bambini venivano rapiti per il valore dei loro vestiti o per essere venduti a mendicanti che li obbligavano a chiedere la carità, o a datori di lavoro che, generalmente, li facevano lavorare come spazzacamini. Secondo la legge esistente, soltanto coloro che venivano considerati colpevoli di furto dei bambini per appropriarsi dei loro vestiti venivano condannati. Il furto dei minori fu soggetto alle punizioni previste per i reati più gravi, lo scopo della legge era quello di offrire la protezione dello stato ai bambini rapiti che avevano genitori che non potevano proteggerli; successivamente la protezione da parte dello stato si estese ad altre sfere e fu stimolata dalla reinterpretazione dei diritti dei genitori sui propri figli e dalla nuova visione dell’infanzia che si diffuse in Inghilterra nel XIX secolo.
 
Un tempo trascorso se, dati alla mano, l'ignoranza e il dolore del passato non fosse sempre là in agguato annidata nei vicoli bui della collettiva coscienza.
Nel mondo,oggi, più di 211 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni sono costretti a lavorare.
Spesso, si dà dell'infanzia un'immagine che occulta la realtà vissuta dai bambini. Una realtà che in molti paesi somiglia tuttora agli incubi descritti nel XIX secolo, nei loro allucinanti romanzi, da autori quali Charles Dickens, Edmondo De Amicis, Victor Hugo.
La globalizzazione liberista non ha davvero risolto nulla. Di fatto, «in un mondo in cui la libera circolazione dei capitali e delle merci è ormai assicurata, le industrie dei paesi del Sud possono mantenere il loro posto sul mercato solo puntando al massimo sull'unico fattore che consente loro di rimanere largamente competitive: il basso costo della forza lavoro (2)». Senza il lavoro dei minori, sensibilmente meno remunerati degli adulti, molti paesi perderebbero la loro competitività, con il conseguente tracollo delle esportazioni e un calo drammatico delle loro entrate in valuta.
Le multinazionali non sono le ultime a trarre benefici da questo sfruttamento minorile. Se ne avvantaggiano ad esempio quelle del tabacco (Philip Morris, Altadis), delle banane (Chiquita, Del Monte), o del cacao (Cargill). Nel Malawi, ad esempio, ove l'industria del tabacco è il primo datore di lavoro, decine di migliaia di bambini sono sfruttati nella raccolta e nell'essiccazione delle foglie di tabacco. In Ecuador, bambini di 7-8 anni lavorano nei campi di banane dodici ore al giorno. In Costa d'Avorio, primo produttore mondiale di cacao, migliaia di bambini schiavi sarebbero costretti a lavorare nelle piantagioni.
Il fenomeno dei bambini schiavi e il traffico di cui sono oggetto è finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo nell'aprile 2001, in seguito alla scoperta di una nave partita dal Benin, che batteva bandiera nigeriana - l'Etireno - con a bordo varie decine di bambini destinati a essere venduti come schiavi nel Gabon. Secondo il Fondo delle Nazioni unite per l'infanzia (Unicef), più di 200.000 bambini e adolescenti, vittime di questi traffici, sarebbero venduti e comprati nell'Africa centrale e occidentale.
Persino nei paesi ricchi, quasi 2 milioni e mezzo di bambini di età inferiore a 15 anni - ai quali si devono aggiungere 11,5 milioni di adolescenti tra i 15 e i 17 anni - lavorano, in condizioni spesso faticosissime e molto rischiose, nell'agricoltura, nell'edilizia, nelle fabbriche tessili e nei calzaturifici: 120.000 negli Stati uniti, 200.000 in Spagna, 400.000 in Italia e oltre due milioni in Gran Bretagna...
Per affrontare questa drammatica realtà, a 12 anni dal Vertice mondiale per l'infanzia organizzato dalle Nazioni unite nel settembre 1990 a New York, un nuovo Vertice per l'infanzia si è tenuto nel maggio scorso, presso la sede dell'Onu, con la partecipazione di circa 500 ragazzi venuti da oltre cento paesi. Kofi Annan ha aperto i lavori con una constatazione severa: «In fatto di tutela dei diritti essenziali dell'infanzia abbiamo miseramente fallito».
Bisogna dire che le cifre sono agghiaccianti. Oltre mezzo miliardo di minori vivono con meno di un euro al giorno. I bambini sono i più duramente colpiti dalla miseria, di cui porteranno per tutta la vita le conseguenze psicologiche e fisiche. Più di 100 milioni di bambini non sono mai andati a scuola, a causa dell'indigenza o perché vittime di discriminazioni. E sono 121 milioni i bambini di meno di cinque anni che muoiono ogni anno. Questo vuol dire che ogni giorno muoiono 30.000 bambini. Uno ogni tre secondi... Tra il 1990 e il 2000, in conseguenza dei conflitti armati, più di un milione di bambini hanno perso i genitori o sono stati separati dalle famiglie; e oltre 300.000 sono stati reclutati come soldati.
Più di due milioni sono stati massacrati nelle guerre civili, più di 6 milioni hanno subito ferite o mutilazioni o sono handicappati a vita; 12 milioni sono stati privati di un tetto, e circa 20 milioni sono stati cacciati dalle loro case...
Come se non bastasse, ogni anno più di 700.000 bambini sono vittime del traffico di esseri umani, trattenuti contro la loro volontà in condizioni di schiavitù, a causa, secondo l'Onu, «della domanda di manodopera a buon mercato, e di quella, in crescita, di bambine e bambini per il commercio sessuale (3)».
Penosa è soprattutto la sorte delle bambine, che sono oggetto di tutte le discriminazioni. Su un centinaio di milioni di minori non scolarizzati nel mondo, le bambine sono 60 milioni. Si valuta che da 60 a 100 milioni di bambine vengono uccise allo stato fetale o dopo la nascita, o sono vittime di malnutrizione e mancanza di cure a motivo del loro sesso. Tra i minori addetti ai servizi domestici - in maggioranza rispetto ad altri tipi di lavoro - più del 90% sono bambine tra i 12 e i 17 anni. In talune regioni dell'Africa e dell'Asia, il tasso di sieropositività delle bambine al virus dell'Aids è cinque volte maggiore di quello dei maschi.
Davanti a un tale scandalo, riascoltiamo il grido lanciato con voce ferma, a nome di tutti i bambini sfruttati del mondo, da una tredicenne boliviana, Gabriela Azurdy, all'Onu, davanti a 70 capi di stato e centinaia di ministri di 189 paesi, Gabriela aveva detto: Noi siamo le vittime di sfruttamento e di abusi di ogni genere. Siamo i bambini di strada, i bambini in guerra, gli orfani dell'Aids, siamo le vittime, e le nostre voci non trovano ascolto. Tutto questo deve finire! Vogliamo un mondo degno di noi ...
A 18 anni dalla firma della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza da parte delle Nazioni Unite, Terre des Hommes lancia tre iniziative in Italia, Germania e Svizzera per ribadire che ci sono ancora milioni di bambini cui sono negati i più elementari diritti, da avere una famiglia a ricevere un'istruzione, a non essere sfruttato lavorativamente e sessualmente. "Tra coloro che non godono di alcuna protezione, anzi sono più a rischio di abuso e traffico, certamente c i sono i bambini di strada", dichiara Raffaele K. Salinari, presidente della Federazione Internazionale Terre des Hommes. "Pur non essendo disponibili dati affidabili a livello mondiale sul loro effettivo numero, i bambini di strada affollano le strade delle megalopoli del Sud del Mondo e sopravvivono a stento anche nelle città dell'Est Europeo". In Italia il 20 novembre viene inaugurata l'esposizione "Bambini di strada" con fotografie di Mauro Sioli a Esplora, Museo dei Bambini di Roma (via Flaminia 82-86). Il suo reportage fotografico, composto nel corso di molti viaggi in diversi paesi del mondo, ritrae la realtà quotidiana dei ragazzi di strada, quasi sempre molto dura, ma dove c'è posto anche per l'allegria e l'amicizia. Tra le testimonianze fotografiche di Sioli anche quelle dei bambini di strada di Dacca (Bangladesh) che possono usufruire di alloggio e sostegno scolastico grazie a un progetto finanziato da Terre des Hommes Italia. Al fine di coinvolgere tutti i bambini e le scolaresche in visita, verrà creato un laboratorio Il Tuo Disegno per Salutare i Bambini del Bangladesh, in cui i partecipanti saranno invitati a disegnare una cartolina di saluti per i bambini di Dacca, ispirata alla loro vita quotidiana. Il disegno più bello diventerà una cartolina d'auguri virtuali, pubblicata sul sito di Terre des hommes Italia (www.terredeshommes.it). L'esposizione rimarrà aperta fino al 3 febbraio.
In Germania Terre des hommes lancia l'iniziativa Vivi per un giorno come un bambino di strada. Durante la giornata del 20 novembre i bambini tedeschi possono toccare con mano la vita dei bambini di strada provando i lavori che sono obbligati a fare per sopravvivere: pulire le scarpe e le automobili, vendere piccoli oggetti o cibo... In questo modo si intende sensibilizzare il pubblico, non solo i minori, sul problema dei diritti negati ai bambini di strada. Simile l'iniziativa della Fondazione Terre des hommes di Losanna (Svizzera), dove i bambini coinvolti usciranno in strada a vendere fiori e giornali, esibirsi tra la gente con spettacoli di strada e altri eventi estemporanei.
E' di nuovo il 20 Novembre, ancora siamo chiamati a ricordare, denunciare, partecipare  cambiare. In una storia ebraico-orientale un pio ebreo cita per inadempienza, davanti al tribunale rabbinico, Dio che non sembra avere mantenuto le promesse di pace e di redenzione attestate dalle Scritture. Il tribunale, costituito da uomini devoti e religiosi, gli dà ragione e condanna l’imputato contumace, o almeno tale per gli uomini che non sanno vederlo.
Dov’era Dio? Nelle tragedie irrimediabili, nelle sofferenze senza nome, nelle umiliazioni, nel lento inesorabile degrado dell’umanità?
Dov’era Dio quando i più piccoli lo chiamavano con voci di dolore da ogni angolo dell’Universo? E se da un lato giustizia pretende e grida, non contro un astratto concetto di Dio, ma  verso l’intelligenza degli uomini, il potenziamento dell’unico baluardo possibile, quello della legge, dall’altro canto non si può e non si deve dimenticare il saggio consiglio di Rousseau di non portare al bambino l’oggetto che può raggiungere perché compito del mondo adulto è abituarlo “per tempo a non comandare agli uomini, perché egli non  ne è il padrone, né alle cose perché queste non lo intendono”.
Forse  in questo semplice aforisma è il segreto del necessario rispetto dell’essere umano, in ogni latitudine in ogni tempo della storia, perché Dio, quel Dio  che è nel  sapore della vita, non debba più essere tacciato di umana inadempienza.
 
 Maria Laura Platania/Italia Estera
 
 
 



 
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