di Gian Luigi Ferretti / L’Italiano
ROMA, 28 GEN (Italia Estera) - Gli eletti all’estero che hanno votato a favore della fiducia a Prodi si sono poi chiusi in un impenetrabile silenzio, così percossi e attoniti al nunzio.
Ho cercato loro dichiarazioni su quelle agenzie che solitamente ne sono intasate. Nulla. Visto che alcuni sono stati fino all’altro ieri comunisti convinti, se non fosse da tempo caduto il muro di Berlino, verrebbe spontanea una battutaccia: “Zitti e Mosca”.
Ma come? Fanno finta di niente? Fischiettano con le mani in tasca guardando in su come chi non c’era e se c’era dormiva? Il loro governo era il governo che avevano sognato, che avevano promesso agli elettori come il sacro Graal. Prodi, il loro Prodi, del suo nome si riempivano la bocca, lo indicavano come l’uomo della provvidenza. Sotto le sue insegne si sono presentati nell’agone ed hanno vinto.
Solo l’On. Ricardo Merlo ha ritenuto di giustificarsi con un comunicato per spiegare di aver “votato mercoledì la fiducia alla Camera, come ho sempre fatto quando è stata richiesta" perché prima di essere eletto aveva permesso ai suoi elettori che mai avrebbe fatto cadere il governo che gli italiani si sarebbero dato”.
Ma perché,se non avesse partecipato al voto, come ha fatto il suo ben più astuto antico nestore al Senato, non avrebbe raggiunto lo stesso scopo? Non sarebbe stato meglio non immischiarsi per nulla ? Che bisogno c’era di aggiungere il suo inutile voto ai cinquanta di maggioranza alla Camera? Gli piace giocare a fare il soldatino della stabilità senza rendersi conto che Prodi rappresentava la stessa stabilità politica di quel De La Rua cacciato prima del tempo e ancora maledetto per i disastri combinati in Argentina. Ci ha informato di essere addirittura andato dal Presidente della Repubblica a illustrargli un suo piano in ben quattro punti per cambiare l’Italia. Temo abbia tentato di spiegare quello che lui stesso non ha capito, stando alle recenti intervista sui quotidiani argentini. In ogni caso meglio la mancanza di ricambio che lamenta in Italia della mancanza di cambio (ci vogliono ben 4 pesos e 70 centesimi per un euro) in Argentina . Tutto sommato meglio che non arrivino alla fine del mese – anche grazie al suo appoggio a Prodi – tre famiglie su quattro (recenti dati Eurispes) anzichè tre e trequarti come nella sua tanto ammirata Argentina.
Dove sono i senatori Micheloni, Randazzo, Turano e Pollastri? Dove sono gli onorevoli Bafile, Narducci, Bucchino, Farina, Razzi e Cassola? Tutti così logorroici di solito, sono ora in preda ad un generale, imbarazzato silenzio, che non è il silenzio degli innocenti di Thomas Harris, ma di colpevoli di aver sostento fino all’ultimo il peggior governo della storia d’Italia. Senza ottenere in cambio neppure le briciole – come giustamente ha osservato Bruzzese della Cgil – per gli italiani all’estero. E, quel che è peggio, per colpa loro si è spezzato, temo per sempre, quel clima di attenzione e simpatia che Tremaglia era riuscito ad instaurare con i suoi convegni sugli imprenditori italiani nel modo, i ristoratori, gli artisti, i missionari, le donne...
Ma vedrete che presto si riprenderanno e ricominceranno a parlare. Sarà per dire che non si deve andare al voto ma occorre menare il torrone fino al 28 ottobre, che, oltre ad essere l’88mo anniversario della marcia su Roma, rappresenta una tappa importantissima della loro permanenza a Roma come turisti ben pagati in Parlamento. E’ la data fatidica in cui scadono i famosi due anni sei mesi e un giorno perché i parlamentari possano avere diritto alla pensione. Sarebbero 400, quelli alla prima legislatura, a non raggiungere questo minimo se si andasse alle urne ora, quindi tutti i parlamentari eletti all’estero.
Naturalmente non diranno che questo è il vero motivo, ma useranno paroloni per apparire anime nobili e disinteressate.
Prima non abbiamo citato fra i muti l’On. Fedi perchè in qualche modo ha parlato con un suo articolo per Il Globo però scritto prima del redde rationem al Senato ancorchè pubblicato dopo. In coda alla solita lunga tiritera sulla necessità di un “governo istituzionale che faccia le riforme”, lancia quella che lui chiama “grande battaglia di civiltà”: la battaglia per la laicità dello Stato. Giustappunto il sogno dei milioni di italiani all’estero, che proprio per questo scopo lo hanno mandato a rappresentarli e quindi ora, commossi, applaudono.
Gian Luigi Ferretti / L’Italiano