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24 ott 2008SCUOLA:Il Parlamento è il luogo in cui discutere e protestare e non le piazze / di Mario Sista

Come ogni realtà umana anche la scuola “semper reformanda est”
 
di  Mario Sista
 
NAPOLI, 24 OTT, (Italia Estera) -- In questi giorni le scuole e molti studenti delle Università d’Italia protestano per quanto di spiacevole la Riforma Gelmini apporterebbe alla Scuola con la ‘s’ maiuscola. Il condizionale è d’obbligo: lascio il lettore libero di esprimere il suo parere; difatti, non è questo il luogo per valutare le ragioni della bontà o meno del contenuto di un decreto legge che va ad occuparsi di questo delicato settore della formazione umana, e questo per due ragioni: primo, si farebbe dell’inutile politicismo; secondo, non è lo scopo del presente intervento. Scopo di questo intervento riguarda le modalità di proporre la propria protesta e la tutela al diritto allo studio inteso come valore.
 
Come introduzione a questa breve riflessione è bene ribadire un principio che vale sempre ed in ogni luogo: ogni realtà umana, e quindi anche la scuola, semper reformanda est: è sempre bisognevole di continui perfezionamenti. Sarebbe semplicemente assurdo credere il contrario. Vedendo quanto sta succedendo in questi giorni in Italia, sembra che stia sparendo la consapevolezza in tanti che è il Parlamento in primis il luogo costituzionale in cui si debba discutere e protestare, e non le piazze. Questo vale sia per la Destra che per la Sinistra, e vale per ogni problematica affrontata:  dalla Scuola all’Economia, dall’Ambiente allo Sviluppo. Sembra altresì che stia scomparendo anche la consapevolezza che un Governo, la coloritura politica ai fini di questo discorso - lo ribadisco - è irrilevante, quando è eletto democraticamente è legittimo, e quindi legittimamente porta avanti le riforme che ritiene necessarie per il bene del Paese. Da ciò deriva che come legittimamente operava il Governo Prodi con il Ministro Fioroni per quanto riguarda la Scuola, così legittimamente ora opera il Governo Berlusconi con il Ministro Gelmini: a prescindere dal fatto se quanto si fa o si propone piaccia o meno. Si può discutere certamente sulla liceità morale e sulla legittimità giuridica delle cose proposte, ma mai della legittimità di chi le propone, quando questa c’è.
Non credo che una tale distinzione sia chiara in tutti, in un Paese dove la fede politica spesso porta a ritenere semplicisticamente cattivi, dunque quasi rappresentanti illegittimi,  i membri di un Governo democraticamente eletto e buoni, ma purtroppo esclusi, i membri di un'altra appartenenza politica che però purtroppo non sono stati eletti.
 
Circa la liceità delle riforme proposte, inutile dire che è sacrosanto anche dissentire e manifestare. Solo, vi è che la piazza, e lo si dice con tristezza, sembra essere diventato quasi l’unico luogo dove far valere i propri diritti. Anche qui mi si permetta una provocazione: ma questo ricorrere sempre ai larghi e agli spiazzi e ai circhi massimi in fondo in fondo non è che sia il chiaro sintomo di un non sempre eccellente funzionamento dell’organo popolare per eccellenza, vale a dire il Parlamento?  Non sarebbe meglio per noi cittadini pretendere migliori e partecipati (spesso l’aula è semivuota) confronti parlamentari e, perché no, assistervi maggiormente, e lasciare le piazze ai comizi elettorali soltanto? Io credo che una tal cosa sia auspicabile.
 
Ancora: è sacro ciò per cui si protesta, e se è sacro allora è intoccabile, e se è intoccabile allora lo si deve salvaguardare: se io penso che la vita umana sia sacra ed inviolabile allora non ammazzo nessuno. Ora, il diritto allo studio, almeno per chi scrive, e credo che la cosa sia condivisa appieno da tutti, è sacro. Allora com’è che ogni qualvolta che un Governo di Destra o di Sinistra propone riforme scolastiche condivise o meno, tale diritto venga ad essere il primo soggetto ad essere ucciso? C’è Fioroni? Si occupano le scuole contro Fioroni; c’è la Gelmini? Si occupano le scuole contro la Gelmini: e nonostante il lodevole sforzo di molti professori, molti ragazzi neanche conoscono il perché della controversia o della protesta in atto. Oramai molti docenti sono rassegnati all’idea che, giunti i mesi autunnali, prima o poi un’occupazione ci scappa, e che spesso e volentieri non sarà per il riscaldamento guasto o la struttura fatiscente: motivi validissimi, ma per motivi politici che non hanno un riscontro immediato, palpabile, come invece lo ha la mancanza di calore, nella vita di un’aula. Chi lavora a scuola sa benissimo che una settimana di lezioni sospese difficilmente si recupera, con enorme danno per la preparazione degli allievi, gli unici che vengono ad essere penalizzati. Sa pure benissimo che una occupazione per motivi non di immediato riscontro incide poco e niente sull’esito delle cose, che possono essere affrontate solo da chi ha la competenza professionale e giuridica e da chi è stato legittimamente eletto a far valere i propri ed altrui diritti. Se rettori, dirigenti e professori permettono che lo studio venga castigato in nome di una maggiore tutela dello studio stesso - la contraddizione è evidentissima - allora mi sa che si è sempre punto e a capo. Veramente la scuola, che vive le sue innegabili difficoltà, insieme a molti membri del suo personale,  semper reformanda est.



 
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