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04 mar 2011Al via la missione umanitaria italiana

La Caritas italiana insieme all'Unhcr e all'Oim ha espresso ''contrarietà e dissenso'' al piano di accoglienza messo a punto dal ministro dell'Interno

ROMA, 4 MAR 2011 - (Italia Estera) -  L'Italia scende in campo per sostenere le popolazioni colpite dalla crisi in Libia. Con il via libera del Consiglio dei ministri all'invio di una missione civile in Cirenaica, su richiesta dei governi di Tunisia ed Egitto, e la partenza, prevista per domani, del pattugliatore Libra della Marina militare alla volta di Bengasi, l'impegno italiano entra nella fase operativa. Alla missione umanitaria al confine tra Libia e Tunisia partecipa un team con rappresentanti della protezione civile ed è pronta una squadra che partirà per la Tunisia per valutare i fabbisogni sanitari dei profughi dalla Libia.

L'obiettivo della missione, ha spiegato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, «è dare assistenza sanitaria e alimentare, prevenendo la fuga di massa». E sul piano dell'emergenza immigrati, Maroni ha assicurato che l'Italia è «disponibile» a fornire «mezzi e personale» di polizia per un «maggiore controllo dei porti» della Tunisia, in accordo con le autorità locali. L'aiuto che l'Italia offrirà alla Tunisia per mettere in sicurezza i porti avrà come «aspetto positivo lo stop ai flussi migratori verso Lampedusa», ha spiegato Maroni. «Daremo uomini e mezzi per la missione ma anche per aiutare e coordinare, con la polizia tunisina, le operazioni per mettere in sicurezza quei porti».

La prima nave italiana carica di aiuti, il pattugliatore Libra della Marina militare, salperà dunque stasera dal porto di Catania. La nave porterà cibo, aiuti, coperte e altri generi di prima necessità alla popolazione stremata da settimane di violenze. Entro domani pomeriggio dovrebbero essere terminate le operazioni di carico degli aiuti umanitari a bordo della nave.
Non è ancora certa invece la data di partenza del team sanitario italiano che raggiungerà il campo profughi che dovrebbe essere allestito in Tunisia. Quello dei 6 tecnici sanitari, cinque uomini e una donna, sarà un lavoro di scouting, propedeutico all'apertura del campo. Le prime informazioni raccolte dai 6 esperti dovrebbero arrivare in Italia nel giro di 48-72 ore, così da permettere alle istituzioni di avere un quadro preciso su come affrontare l'emergenza.
Ognuno degli specialisti si occuperà della propria materia di competenza. Ad esempio, l'esperto di igiene pubblica verificherà la reale efficienza della rete idrica della zona e constaterà se l'acqua è potabile. La farmacista stabilirà invece di quanti e quali medicinali c'è assoluto bisogno. Tra le tante rilevazioni che verranno fatte, si cercherà inoltre di verificare l'eventuale presenza di epidemie, ma anche capire se ci sono donne incinte e quante sono e rilevare l'età media dei profughi
La Caritas italiana insieme all'Unhcr e all'Oim ha espresso formalmente ''contrarietà e dissenso'' al piano di accoglienza messo a punto dal ministro dell'Interno: ''I centri 'Cara' devono mantenere la loro funzione e nella ex base Nato possono essere accolti invece i nuovi profughi che arrivano dal Nord Africa''.
Le tre organizzazioni, non condividono il progetto di trasferire nella ex base Nato di Mineo in provincia di Catania (7.200 posti complessivi) tutti i richiedenti asilo provenienti dai vari Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) per fare posto ai nuovi arrivati sulle coste italiane. A Mineo, secondo le tre organizzazioni, dovrebbero essere ospitati le migliaia di immigrati giunti in queste settimane dai paesi del Nord Africa.
 
I Cara, sostengono le organizzazioni umanitarie, devono invece mantenere la loro funzione di centri per i richiedenti asilo, e a Mineo possono essere accolti invece i nuovi profughi che arrivano dal Nord Africa. In ogni caso va costruito un piano che coinvolga tutto il Paese e non solo il Mezzogiorno d'Italia. Il problema principale intanto resta la definizione dello status dei nuovi arrivati. Dunque il tavolo di collaborazione lanciato dal ministro Maroni con Caritas, Unhacr e Oim, per gestire la crisi umanitaria, sta incontrando ostacoli sempre più seri per differenze di valutazione.
Le varie organizzazioni hanno espresso formalmente il loro dissenso al ministro. Il direttore generale della Caritas italiana, Vittorio Nozza, ha detto poi al Sir, l'agenzia stampa della Cei: ''Nei prossimi mesi dovremo fare i conti con un piano di accoglienza straordinaria che, probabilmente, coinvolgerà tutto il Paese e non si limiterà, dunque, al solo meridione d'Italia come paventato dal ministro dell'Interno all'inizio di questa crisi''.
Nozza ha poi spiegato che è necessario ''garantire protezione umanitaria temporanea'' ai profughi provenienti dal Nord Africa, ''sarebbe un atto di grande responsabilità garantire la protezione umanitaria temporanea, come previsto dal nostro testo unico sull'immigrazione''. I nordafricani che sbarcheranno in Italia, osserva Nozza, non sono semplici ''clandestini'', ''quindi non si può pensare di rimpatriarli tout court, dato che gli accordi stipulati con i Paesi d'origine sono oggi assai difficilmente applicabili e comunque i contesti di origine non garantiscono un rientro sicuro. Non si può neanche accordargli incondizionatamente l'asilo in quanto non sussistono i requisiti richiesti dalla Convenzione di Ginevra''.
''Su cosa accadrà nei prossimi mesi è difficile fare previsioni - dice Nozza - senza dubbio, dobbiamo aspettarci un considerevole aumento degli arrivi, soprattutto di richiedenti asilo dal Corno d'Africa e dall'Africa sub sahariana, per anni bloccati in Libia''.
Caritas italiana e le Caritas diocesane, conclude mons. Nozza, auspicano che "tutti gli strumenti diplomatici vengano messi in atto perché il massacro si fermi, e possano affermarsi governi democratici capaci di venire incontro alle legittime aspirazioni delle popolazioni locali di libertà e rispetto dei diritti". Perciò ''si preparano ad affrontare un'emergenza che l'Europa dovrà condividere. Nella consapevolezza che - unendo le forze e condividendo l'esperienza maturata in questi anni - saranno poi chiamate ad un intenso lavoro di ricostruzione in tutto il Nord Africa''.
 
 



 
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