di Alfonso Maffettone
ROMA, 13 MAR, (Italia Estera) - “Io credo che il terremoto, lo tsunami e la situazione nei nostri reattori nucleari hanno fatto di questo disastro il peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale. Se la nazione resterà unità noi supereremo anche questa crisi”. Il primo ministro giapponese Naoto Kan ha sintetizzato con queste parole l’immane sciagura che ha colpito venerdì l’arcipelago ed ha fatto leva sul valore della giapponesità per rimarcare che è cominciato un altro capitolo della storia del Paese. Un capitolo di ricostruzione dei territori devastati che richiederà un lavoro duro e meticoloso condotto nel silenzio e nella perseveranza, le due “armi” inossidabili con le quali il popolo del Sol Levante ha risposto alle perenni e difficili sfide della natura ed all’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki . Sudore e spirito di sacrificio hanno, infatti, permesso al Giappone di risorgere dalle ceneri del secondo conflitto mondiale e di raggiungere la vetta di potenza economica mondiale.
Questa volta i giapponesi hanno dovuto subire un attacco di intensità mai registrata dal loro storico nemico con il quale avevano imparato a convivere con costruzioni e infrastrutture antisismiche uniche al mondo e con lo sviluppo di una cultura preventiva anche unica al mondo. Ogni abitazione in Giappone è dotata di corredi di prima necessità e di opuscoli con le istruzioni in caso di terremoto. Il primo consiglio e’: “ il vostro nemico non è il terremoto ma il panico, seguite le istruzioni e vi metterete in salvo”. Purtroppo la forza della natura è andata al di là di ogni ragionevole calcolo. Il terremoto che ha colpito venerdì pomeriggio l’isola di Honshu, la più grande del Giappone a 380 km da Tokyo è stato di 9 gradi, un livello mai riscontrato prima ed è stato seguito di qualche minuto da uno tsunami di proporzioni ciclopiche. Onde alte fino a dieci metri si sono abbattute sulle coste del Pacifico seminando morte e distruzione nell'area di Sendai, la più vicina all'epicentro. In 65 anni non si era mai avuto un bilancio così luttuoso: diecimila morti nella sola prefettura di Miyagi per un paese spazzato via dalla furia del mare, 3000 mila vittime fra i morti accertati e i dispersi e l’incubo di un nuovo olocausto per il rischio di esplosioni nelle centrali nucleari.
Il Giappone non ha risorse naturali e si è munito nel dopoguerra di ben 17 impianti nucleari con 55 reattori, tutti per uso civile in base alla Costituzione pacifista adottata dopo la sconfitta militare. Il Paese riceve il 30% del suo fabbisogno di elettricità da questi impianti costruiti secondo criteri antisismici. Ed è stata ,invece, l’onda anomala a danneggiare le centrali per le quali è scattato l’allarme. Il passato mostra che le catastrofi hanno unito il popolo giapponese in numerose occasioni ed hanno trasformato la tragedia in una opportunità. Sicuramente i tecnici e gli scienziati del Sol Levante si metteranno a studiare nuove tecnologie per potere applicare meccanismi di sicurezza antitsunami ai siti nucleari , alle nuove case ed alle nuove infrastrutture. Il giapponese ha dimostrato nella sua storia di essere sempre risorto dopo ogni calamità e di aver aggiunto “valore” alle ricostruzioni inserendosi fra i paesi più sviluppati al mondo.
Giornali e televisione raffigurano il Giappone come un ciclista che deve sempre pedalare perché può contare solo sulla sua energia umana . E’ una immagine suggestiva e realistica perché il Paese non ha petrolio né miniere né altre ricchezze ed è circondato da un ambiente naturale ostile. Basta ricordare gli eventi più luttuosi dallo scorso secolo ad oggi dai quali il Giappone ne è uscito brillantemente grazie alle sue risorse umane: 1 settembre 1923 terremoto di Tokio con 100 mila morti, bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki nel secondo conflitto mondiale, nel 1995 terremoto di Kobe con 6000 morti.
Alfonso Maffettone* /Italia Estera
*é un profondo conoscitore del Giappone,
vi ha vissuto diversi anni da corrispondente dell'ANSA