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Il Presidente John Fitgerald Kennedy, on line a 50 anni dalla sua elezione

Digitalizzata un'enorme mole di dati. Più di 200.000 pagine scritte, 1.500 fotografie, 1.250 file audio e video, 340 conversazioni telefoniche per un totale di 17 ore e mezza. Ci sono voluti 4 anni di lavoro e un investimento da 10 milioni di dollari per rendere la JFK library on line un autentico gioiello, inaugurato ieri da Caroline Kennedy, l'unica dei due figli di John e Jacqueline Kennedy in vita. 

Washington, 16 GENN 2011 (Italia Estera) -   Ci sono voluti 4 anni di lavoro e un investimento da 10 milioni di dollari per rendere la JFK library on line un autentico gioiello, inaugurato Caroline Kennedy, unica in vita dei 2 figli di John e Jacqueline Kennedy. Più di 200.000 pagine scritte, 1.500 fotografie, 1.250 file audio e video, 340 conversazioni telefoniche per un totale di 17 ore e mezza.

Gli inizi alla Casa Bianca
Tra i documenti più interessanti, oltre alle foto di famiglia, le cartine di Cuba del
1962, i video in cui Jackie Kennedy fa gli onori di casa e racconta le cene alla Casa Bianca, c'è il celebre discorso inaugurale della presidenza di Kennedy scritto a mano dal presidente stesso.
A portata di pochi click arriva così un immenso archivio di documenti, anche di caratTere privato, del presidente americano ucciso a Dallas il 22 novembre del 1965. "Si tratta di una piccola parte dei milioni di documenti che abbiamo", ha detto Tom Putnam direttore della libreria Jfk, alla Bbc.


Work in progress
L'archivio completo comprende 48 milioni di pagine, 7mila ore di registrazioni audio, 16mila opere da museo e 400mila fotografie. "Stiamo scannerizzando ogni singolo pezzo di carta, filmato, cassetta audio che abbiamo in nostro possesso", ha sottolineato, "mostreremo tutto il materiale che abbiamo". Saranno disponibili
on line anche le conversazioni telefoniche segrete sulla crisi dei missili a Cuba, le discussioni sulla guerra in Vietnam, sui diritti civili e sulla corsa allo spazio. Digitalizzate anche le lettere personali scritte dal 35mo presidente degli Stati Uniti
alla madre.

Le pagine italiane
Fra le curiosità, come fa notare Maurizio Molinari su La Stampa, anche "le sette pagine del discorso pronunciato all'auditorium del Dipartimento di Stato sul centenario dell'Unita' d'Italia". Una serie di correzioni a mano testimoniano "la volontà di Kennedy di sottolineare il debito dell'America verso gli eroi del Risorgimento". 'E' un grande fatto della Storia che molto di quanto siamo e di cio' in cui crediamo ha avuto origine in questa relativamente piccola striscia di terra nel Mediterraneo', appunta Kennedy sul testo che poi leggera' alle 11.13 del mattino del 16 marzo 1961".

Ricordi di famiglia
Ci sono poi le foto italiane: le prime del 10-12 marzo 1939, quando il padre Joseph Kennedy, all'epoca ambasciatore a Londra, e la madre Rose andarono a Roma per partecipare all'insediamento di Papa Pio XII.

Quanto ai rapporti con i governi italiani, spicca un documento di 190 pagine compilato per Kennedy dallo staff della Casa Bianca nel giugno del 1961 sull'agenda dell'incontro con il premier Amintore Fanfani.

Guerra Fredda
La mole dei temi trattati svela l'importanza che allora, in piena Guerra Fredda, l'Italia aveva per Washington: gli USA premevano per l'aumento delle spese militari italiane, e seguivano con attenzione e interesse l'ingresso del Psi nella maggioranza di governo perché "siamo preoccupati dall'aumento di voti del Pci e siamo interessati all'opinione di Fanfani sulla possibilità che i socialisti siano sempre più indipendenti dal Pci".

Mattei, 50 anni prima di Wikileaks
Non mancano pagine che testimoniano l'irritazione di Washington per l'attivismo di Enrico Mattei, che spostava l'Italia verso il "greggio sovietico" dopo gli accordi siglati dall'Eni a Mosca nel 1960. Cinquant'anni prima di Wikileaks e del nervosismo di Washington per la vicinanza Berlusconi-Putin e gli affari italo russi nel settore gas e petrolio.

NELLA FOTO: Kennedy in visita a Napoli con al fianco il Presidente della Repubblica Antonio Segni. La folla travolge tutti ed applaude; la foto fu scattata da Peppino De Laurentis  al'altezza del teatro San Carlo 

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gen 2011

       John F. Kennedy, ricordi napoletani di mezzo secolo fa

 

di Giuseppe Maria Pisani

ROMA, 17 GENN. 20011 (Italia Estera) - Il 20 gennaio di cinquant'anni fa John F. Kennedy giurava a Washington come 35/mo presidente degli Stati Uniti. Era di martedì. Alla Casa Bianca entra quel presidente che avrebbe conquistato più di tutti il cuore degli americani, anche se fu il 35/mo presidente degli Stati Uniti per soli due anni e mezzo.

Il presidente americano assassinato riposa nel cimitero di Arlington a Washington. In mezzo a un'aiuola una piccola lastra di marmo grigioazzurro con su la scritta di tre parole: “John Fitzgerald Kennedy”; e sotto: “1917 1963”; a sinistra, una fiamma accesa giorno e notte; di fronte una grande lastra di pietra e, scolpite, le parole di un indimenticabile appello: «Amici miei in tutto il mondo, non chiedetevi quello che gli americani faranno per voi, ma chiedetevi quello che insieme potremo fare per la libertà dell'uomo».

 

Son passati 50 anni, la figura di John Fitzgerald Kennedy continua ad essere ricordata e celebrata come uno dei grandi simboli dell'America del Novecento.

Oggi il meglio della figura di Kennedy è dimenticato. Dimenticata la sua immagine di un giovane leader che in quella terribile contrapposizione fra mondo comunista e mondo occidentale riuscì a capire prima degli altri le paure e le speranze dei popoli. Erano gli anni della guerra fredda.

Nel luglio del 1960, aveva detto a Los Angeles al congresso del partito democratico, dopo aver ricevuto la nomination alla presidenza degli Stati Uniti: “Ci troviamo alle soglie di una nuova frontiera. Non è una frontiera che assicuri promesse, ma soltanto sfide, ricca di sconosciute occasioni, ma anche di pericoli, di incompiute speranze e di minacce”. La “nuova frontiera”, il sogno di un mondo diverso, senza guerre e senza fame, e che in tutti i continenti travolse milioni di uomini e di donne. Il tempo in cui Ruggiero Orlando sulla tv di stato in Italia illustrava pregi e difetti di quell’America che per lui era New York: Qui New York, vi parla Ruggiero Orlando.

                                                           * * *

John Kennedy arrivò a Roma il 1° luglio del 1963, proveniente da Milano. Quattro giorni prima era stato a Berlino; alla porta di Brandeburgo aveva sostato in silenzio davanti al muro che divideva in due la città. Nel suo discorso rivolto a più di trecentomila berlinesi disse: “Duemila anni fa si era orgogliosi di dire civis romanus sum. Oggi la più orgogliosa delle espressioni che possono risuonare nel mondo libero è Ich bin ein Berliner, io sono un cittadino di Berlino”.

Dall'aeroporto di Fiumicino al Quirinale e a Villa Taverna, residenza dell'ambasciatore americano, in quella calda mattinata di luglio, il corteo delle auto trovò per le strade, soltanto poche persone; e nel pomeriggio, in piazza Venezia, quando Kennedy si recò all'altare della patria, c'era molta folla, ma erano tutti turisti americani.

A Roma. dopo gli incontri che ebbe col Governo grande ricevimento al Quirinale e cena. Il menu', conservato nell'Archivio storico del Quirinale fu “Ristretto di pollo in tazza, filetti di sogliole alla veneziana, sella di vitello allo cherry, asparagi alla riviera, spumone conte rosso", innaffiati da "riesling, bardolino Bolla, Ruinart Reserve Brut 1949".

 

Il vero bagno di folla Kennedy lo ricevette a Napoli il giorno dopo. Io per l’United Press International ed Umberto Borsacchi per l’Ansa fummo pronti a testimoniarlo ed a raccontarlo nei nostri servizi. Era il 2 luglio del 1963. Il primo dei presidenti americani che visitava la città. Giunse in elicottero alla Base Nato di Bagnoli alle 16,39. Sul piazzale il solito palco che veniva allestito per le cerimonie. Accompagnato dal segretario di Stato Dean Rusk, presenti il presidente della Repubblica italiana Antonio Segni e il capo del governo Giovanni Leone, Kennedy si rivolse ai militari americani e alle loro famiglie: "Sono venuto per riaffermare che l'impegno americano alla difesa dell'Europa è degno di affidamento".

"L'Occidente deve essere unito per la pace". E Napoli è considerata un avamposto determinante.

Dopo  il discorso, era previsto un saluto alla città a bordo della Lincoln nera decappottabile, che partendo  dal viale della Liberazione, passando per il tunnel delle 4 Giornate , via Caracciolo, il Corso Umberto, arrivasse a Capodichino, dove l'Air Force One avrebbe riportato Kennedy a Washington. Nessuno si aspettava tanta folla. Tutti dovettero ricredersi quando il Presidente americano su via Caracciolo, accompagnato da Segni, scende dalla Lincoln per rendere omaggio ai caduti di fronte al monumento a Diaz. È difficile per il servizio d’ordine contenere l'emozione della folla  dietro le transenne: tutti tentano di abbracciarlo come se fosse  un emigrante illustre che torna dall’America dove ha fatto fortuna  . Si sentono distintamente i 21 colpi  a salve sparati dal cannone della Marina Militare da Castel  Sant’Elmo; le sirene delle navi della sesta flotta americana alla fonda dinanzi al Porto di Napoli e di tutte le altre navi in porto.

 

Più di un milione di napoletani scesero nelle strade del centro, senza che nessuno avesse organizzato qualcosa. Alle finestre della case c'erano centinaia di bandiere tricolori, mentre quelle americane furono esposte a cura del comune su ogni palo dell’illuminazione stradale, nelle strade percorse dal corteo; tutti gli autobus ed i tram esponevano bandiere americane. Sulle pareti delle affissioni grandi manifesti, frasi scritte a mano su improvvisati striscioni. Da un balcone all’altro al Corso Umberto I° vi erano esposte tutte le coperte di pregio in segno di omaggio e al passaggio  del corteo, scortato da corazzieri in motocicletta, molti lanci di petali di rose.

La gente napoletana, a modo suo,  si agitava, gridava, chiamava Kennedy per nome, sventolando bandierine. Mi sembrava di assistere al passaggio del corteo dei carri di Piedigrotta. Davanti al teatro San Carlo l'auto presidenziale, la Lincoln scoperta su cui Kennedy viaggiava in compagnia del presidente della Repubblica Italiana Antonio Segni, fu costretta a fermarsi dalla folla festante che aveva rotto i cordoni, e poté riprendere soltanto dopo pochi minuti. E fu lì che Peppino De Laurentis il fotoreporter de “Il Mattino” immortalò l’avvenimento nella foto che pubblichiamo.

In via De Pretis un uomo riuscì ad entrare nell’auto di Kennedy, non si sa come, e ad abbracciarlo, sotto gli occhi esterrefatti degli agenti di scorta. Davanti all'università una donna gettò dalla finestra un mazzo di fiori, che finì però a qualche metro dall'auto; Kennedy disse all’autista di fermarsi e di raccogliere i fiori; poi li prese e li agitò in aria, guardando sorridente verso la gente affacciata ai balconi ed alle finestre. La sua una commozione senza pari.  Tutto il tragitto lo percorse sempre  tra due ali di folla festante, fino all’aeroporto. Sempre accompagnato dal Presidente della Repubblica Antonio Segni, fu accolto dagli onori del picchetto dell'Aeronautica Italiana quando varcò i cancelli dell’aeroporto Ugo Niutta. Il corteo si diresse nel settore americano dell’aeroporto. Noi che eravamo nella vettura scoperta, dietro quella della scorta riuscimmo a stringere la mano del Presidente. Un saluto molto cordiale. Sui nostri volti, quello di Borsacchi ed il mio, una intensa commozione.  Poi John Fitzgerald Kennedy, poco prima di salire la scaletta dell’aereo per lasciare l’Italia, sulla pista, parlò ai cronisti americani che lo seguivano, ed anche a  noi che eravamo là: "L'Italia, ha scritto Shelley, é il paradiso degli esiliati. In questo mio breve esilio dal clima di Washington ... ho immensamente apprezzato questo paradiso come ultima tappa del mio viaggio in Europa. Lascio questo Paese con rammarico e l'unica scusa per la brevità del mio soggiorno é la certezza del mio ritorno, la prossima volta con mia moglie". Ma John Fitzgerald Kennedy non tornera' piu' perché il 22 novembre del 1963 fu assassinato a Dallas.

Giuseppe Maria Pisani/Italia Estera

 

 

 


 
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